PIERCAMILLO DAVIGO: DOPO LE INTERCETTAZIONI POTREMMO ABOLIRE I PROCESSI PENALI (LA STAMPA)

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INES TABUSSO
00mercoledì 1 febbraio 2006 18:54
LA STAMPA
1 febbraio 2006
LA PROVOCAZIONE
Dopo le intercettazioni aboliamo i processi
di Piercamillo Davigo


Il problema principale delle intercettazioni telefoniche, per quanto riguarda l’Italia, è che se ne fanno troppe (anche se il concetto di «troppe» è un concetto ovviamente indeterminato: bisognerebbe sapere infatti quale sarebbe la misura «necessaria», anche in considerazione del fatto che l’Italia conosce forme di criminalità organizzata ignote in altri Paesi europei). Comunque, con riferimento a quanto avviene negli altri Paesi, in Italia se ne fanno un numero decisamente superiore. La ragione non è da ricercarsi nella normativa specifica: quella italiana, infatti, è sostanzialmente simile a quella, per esempio, degli Stati Uniti.

Il problema è che nel nostro ordinamento, così come in altri ordinamenti, le intercettazioni telefoniche sono un mezzo di prova residuale, nel senso che possono essere disposte se non è possibile acquisire altrimenti la prova del reato. In altri paesi c'è un ricorso molto più ampio alle operazioni sotto copertura di quanto non si faccia in Italia. Per esempio, negli Stati Uniti non si fanno indagini sulla corruzione: si manda un agente federale a dare denaro a un pubblico funzionario e se questo lo prende, viene arrestato. In Italia una cosa di questo genere non si può fare e probabilmente, se anche si potesse fare, non integrerebbe reato secondo il nostro codice penale, perché chi offre il denaro non è in realtà un corruttore, ma è un agente di polizia che persegue finalità diverse da quelle di corrompere. E quindi è ovvio che, essendoci nel nostro paese minori strumenti di indagine di altro tipo, si finisce per fare un uso massiccio delle intercettazioni telefoniche. La cosa curiosa è che le polemiche sull'eccesso di intercettazioni provengano da ambienti governativi. Le intercettazioni, salvo i casi di urgenza in cui sono disposte dal pubblico ministero, devono essere autorizzate dal giudice su richiesta del pubblico ministero, il quale svolge dunque la funzione di organo di filtro delle richieste di intercettazione che pervengono: anche io ho passato la mia vita come pubblico ministero a cercare di contenere le innumerevoli richieste di intercettazioni che arrivavano dalle forze di polizia.

Ora, le forze di polizia hanno tre dipendenze: una gerarchica, dall'amministrazione di cui fanno parte; una funzionale, in quanto organo di pubblica sicurezza, dal ministro dell'Interno; e una funzionale, in quanto polizia giudiziaria, dall'autorità giudiziaria. Se il governo ritenesse che il numero delle intercettazioni fosse eccessivo, basterebbe che desse ordine alle forze di polizia di fare meno richieste, e crollerebbe in questo modo il numero di intercettazioni. Ma evidentemente non sono queste le intercettazioni che preoccupano il governo: non sono le innumerevoli richieste di intercettazioni che le forze di polizia rivolgono all'autorità giudiziaria (e che gonfiano le statistiche) il vero problema. A creare preoccupazioni sono quelle che talvolta non promanano da richieste della polizia giudiziaria, ma sono di iniziativa dell'autorità giudiziaria, o sono richieste dalla polizia giudiziaria già impegnata in indagini su certi tipi di criminalità - per intenderci: la criminalità dei cosiddetti colletti bianchi.

Quindi il problema frequentemente lamentato del costo, anche eccessivo, delle intercettazioni telefoniche potrebbe essere risolto pretendendo (legittimamente, del resto, dal punto di vista organizzativo e di raccordo con l'attività di pubblica sicurezza, da parte dell'esecutivo) che le forze di polizia attivino, prima di fare le richieste di intercettazioni, altre forme di indagini. Bisogna, fra l'altro, considerare che molte intercettazioni, se non vengono integrate da servizi di osservazione, controllo e pedinamento finiscono per essere inutili.

[...]Bisogna ricordare che le intercettazioni si possono fare, in quanto ci siano gravi indizi della perpetrazione di un reato, e di un reato di particolare gravità [...]. Allora: dire che si smette di fare intercettazioni, significa dire che si smette di punire quei reati. Bisogna quindi aver chiaro qual è il costo sull'altro piatto della bilancia. Ultima questione è quella che riguarda i parlamentari. La disciplina, sia costituzionale sia ordinaria, relativa alle intercettazioni nei confronti di parlamentari è davvero singolare. Cominciamo dalla norma costituzionale: i parlamentari non possono essere sottoposti a intercettazioni, a perquisizioni e ad altri atti (ma quello su cui qui è importante soffermarsi sono l'intercettazione e la perquisizione), senza l'autorizzazione della Camera di cui fanno parte. Questa norma è singolare perché le perquisizioni e le intercettazioni sono atti a sorpresa. \ Ma se l'autorizzazione deve essere data dalla Camera di cui il parlamentare fa parte, il parlamentare stesso, che fa parte della Camera, può venirne così a conoscenza. Sarebbe stato meglio stabilire che i parlamentari non possono essere intercettati. [...]

Tutto questo per dire come il problema sia, per un verso, molto complesso e, per altro verso, stia in termini del tutto differenti da quelli in cui è stato dibattuto in sede politica in questi mesi. A me sembra che si parli d'altro, rispetto alle tematiche concrete che andavano esaminate. Anche se certamente ci sono problemi reali: chi non ha commesso reati e non ha fatto nulla di riprovevole e degno di essere conosciuto in ragione all'espletamento di pubbliche funzioni, ha diritto di non vedersi messo in piazza. Tutelare però questo sacrosanto diritto alla riservatezza, in questo contesto, è cosa estremamente complicata.

Certamente la cosa più irragionevole sarebbe quella di abolire le intercettazioni per evitare rischi di divulgazione. Ma su questa strada potremmo abolire i processi penali: rinunciare a punire i reati. Dopodiché, però, avremmo la legge della giungla.
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