PANSA:LA POTENZA DEL DENARO NELLE COOP E NON NEL BOTTEGHINO/TRAVAGLIO, CORRENTONI E CONTO CORRENTONI

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INES TABUSSO
00mercoledì 28 dicembre 2005 21:45
"Rispetto all'epoca del vecchio Pci, della vecchia Lega e dei loro intrecci economici e affaristici sempre ben coperti, oggi i tempi sono molto cambiati. Dopo Tangentopoli, molti elettori di sinistra si sono fatti esigenti e non votano più a occhi chiusi. Vogliono trasparenza e lealtà etica da tutti, specie dal partito che scelgono. La questione morale e la correttezza personale dei dirigenti sono diventate una linea politica vera e propria, più importante persino del programma e della competenza di chi deve realizzarlo".


"Su tutto l'insieme sta infine soffiando un ventaccio che pochi avevano fiutato. Dopo aver tanto picchiato sul tasto dei vizi etici del centro-destra e sui molti peccati del mondo berlusconiano, vizi e peccati che emergono anche dallo scandalo Fiorani, i Ds si vedono messi anche loro sotto esame e da sinistra. È micidiale la battuta che si va diffondendo: la Quercia è passata dai correntoni ai conto correntoni. E alla marcia anti-Tav di Torino, il rubrichista più popolare dell''Unità', Marco Travaglio, ha enunciato alla sua maniera i cardini di una questione morale dentro i Ds. Con una veemenza senza precedenti nella polemica interna alla sinistra".



L'ESPRESSO
numero 51 del 2005
Bestiario
di Giampaolo Pansa
Fassino abbandoni il compagno Consorte

L'affare Unipol-Bnl può diventare una palude disastrosa. Anche per la quercia più solida

Molti si sono stupiti nell'osservare Piero Fassino prendere le difese dell'Unipol impegnata nella scalata alla Bnl. Si sono chiesti perché l'abbia fatto. E se non sarebbe stato più opportuno che il leader della Quercia e il vertice del partito si tenessero a distanza da quell'operazione sempre più chiacchierata. Il Bestiario si stupisce di certi stupori. Perché, anche volendolo, Fassino non avrebbe potuto fare diversamente.

La storia della cooperazione rossa è tutt'una con la storia del Pci prima e dei Ds dopo. Tanto che non è semplice distinguere tra le due entità, chiamiamole così. Che con la Cgil hanno formato una trinità di ferro: partito, cooperative e sindacato. In questa trinità è la Lega a offrire l'immagine più complessa. Mentre il partito ha sempre fatto il partito e il sindacato il sindacato, nel succedersi del tempo la cooperazione è stata due realtà diverse.

La prima è quella sociale: un'alternativa al capitalismo privato, una speranza di lavoro senza subire la forza (o la sferza) di un padrone. La seconda è quella finanziaria che ha consentito alle cooperative anche di sostenere il partito sotto l'aspetto economico e aiutarlo in operazioni che la dirigenza politica non poteva compiere in prima persona. Non è una scoperta di oggi. La pubblicistica non influenzata dal Pci e poi dai Ds ne ha scritto tante volte, ricevendo smentite poco convincenti o uno sdegnato silenzio.

Con l'andar del tempo, la natura imprenditoriale e finanziaria della cooperazione rossa si è fatta prevalente. Al punto di tentare la scalata a una grande banca, con esiti ancora incerti. Che cosa doveva fare Fassino? Ignorare le strategie del compagno Giovanni Consorte? O addirittura osteggiarle? Impossibile. Avrebbe capovolto la storia del partito, quello passato e quello odierno. Mettendo a rischio un rapporto che lui e gli altri dirigenti di rango della Quercia conoscono alla perfezione, pure negli aspetti più nascosti.

Mi azzardo a dire che se Fassino e il vertice dei Ds non si fossero espressi a favore dell'Unipol e del suo assalto alla Bnl, il compagno Consorte li avrebbe richiamati all'ordine. E avrebbe preteso l'intervento della Quercia. Che cosa voglio dire? Che la Lega delle cooperative è più forte dei Ds? E che Consorte conta più di Fassino? Non oso tanto. Ma è sicuro che la potenza del denaro sta nelle coop e non nel Botteghino. Anche se, oggi, l'immagine di questa potenza risulta incrinata da quel che si sta scoprendo. E dai dubbi sulle strategie di Consorte, e sulla sua figura di 'padre-padrone', che stanno emergendo persino nella Lega.

Ad accentuare i guai della Quercia c'è infine un dato di fatto che supera l'affare Unipol-Bnl. Rispetto all'epoca del vecchio Pci, della vecchia Lega e dei loro intrecci economici e affaristici sempre ben coperti, oggi i tempi sono molto cambiati. Dopo Tangentopoli, molti elettori di sinistra si sono fatti esigenti e non votano più a occhi chiusi. Vogliono trasparenza e lealtà etica da tutti, specie dal partito che scelgono. La questione morale e la correttezza personale dei dirigenti sono diventate una linea politica vera e propria, più importante persino del programma e della competenza di chi deve realizzarlo.

Mi spiego con un esempio paradossale. Allorché si scoprisse che Romano Prodi aveva un conto personale di favore nella Banca Popolare Italiana, il leader dell'Unione dovrebbe chiudere bottega all'istante. E forse anche l'Unione stessa. Per fortuna, le cose non stanno così. Ma l'esempio serve a spiegare il frangente rischioso nel quale si trova il vertice della Quercia. Se l'inchiesta giudiziaria non è tutta una bolla di sapone, l'affare Unipol-Bnl rischia di trasformarsi in una palude disastrosa anche per la quercia più solida. Per evitare questo pericolo, forse c'è un'unica strada: i Ds devono chiedere a Consorte di dimettersi e all'Unipol di riesaminare l'intera questione della scalata.

Su tutto l'insieme sta infine soffiando un ventaccio che pochi avevano fiutato. Dopo aver tanto picchiato sul tasto dei vizi etici del centro-destra e sui molti peccati del mondo berlusconiano, vizi e peccati che emergono anche dallo scandalo Fiorani, i Ds si vedono messi anche loro sotto esame e da sinistra. È micidiale la battuta che si va diffondendo: la Quercia è passata dai correntoni ai conto correntoni. E alla marcia anti-Tav di Torino, il rubrichista più popolare dell''Unità', Marco Travaglio, ha enunciato alla sua maniera i cardini di una questione morale dentro i Ds. Con una veemenza senza precedenti nella polemica interna alla sinistra.

È soltanto un fuoco di paglia, destinato a spegnersi presto? Confesso di non avere una risposta certa. Ma esiste un fatto certissimo. Ed è la conferma di una legge naturale: quando va al governo, ogni forza politica vede sorgere dalle proprie fila un'opposizione prima mai emersa. Spesso molto dura da sconfiggere e in grado di ingaggiare una battaglia dagli esiti imprevedibili.
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