La Medusa
00martedì 2 agosto 2005 23:23
Però vedi... alla fine, minacciare serve:
MESSINA salvo, unica squadra tra quelle che presentano ricorso!
Così passerà il fatto che chi minaccia, vince: complimenti!!
P.S.: Comunque, il fatto del MESSINA é schematicamente riassumibile così:
Il presidente del Messina calcio, tale Sig. Franza, detto anche 'il Berluschino di Messina', come molti commercianti ed imprenditori messinesi, si pappava gl'incassi e pagava tutto ciò che da pagare c'era alla fine dei tempi ed anche oltre, per guadagnare capitalisticamente anche il più piccolo centesimo sugli interessi di banca.
Il giochino però gli andava male una volta, quando si presentava con ritardo di un giorno alla regolarizzazione con la Regione, dato che la dritta che gli avevano dato era sbagliata: lui sapeva che si sarebbe prorogato, invece la Lega fissava i limiti al 12 giugno. Lui si presentava il 13.
Poco male: peccato veniale, in effetti: in fondo la società si presenta ancora sana, priva di grossi debiti e regolarizzata.
Quel marpione del Sig. 'Idrolitina', tale Gazzoni di Bologna, già retro-cesso, ne approfittava immediatamente e denunciava vigliaccamente il tutto: da che pulpito, dice il Franza! Il Gazzoni effettua giri da piroette incredibili, compartizzando varie società in modo ambiguo e risulta tra i più indebitati!! 31 squadre di A e B risultano non essere in regola col fisco: il Messina sì. Volete che il Messina scompaia - dato che manco si può più iscrivere né alla B ne agli altri campionati - per un vizio di forma (leggi: una cazzatina del Sig.Franza?)?
Ed io ti sguinzaglio i tifosi, coi famosi blocchi!
Morale della favola: ciò che probabilmente si voleva dall'inizio.
Messina reinserito dal T.A.R., Bologna tirato dentro dalla Lega: campionato a 21 squadre!
Il calcio ostaggio sempre più d'interessi extracalcistici (leggi Imprenditori e Murdock).
Fanculo al calcio!
zvan
00mercoledì 3 agosto 2005 12:13
Il popolo, come ho già detto, era diviso da tempo nelle due fazioni dell'ippodromo. Egli [Giustiniano] si schierò con quella degli azzurri, della quale già prima era sostenitore: riuscì così a creare un disordine e uno sconvolgimento generali. Con ciò mise in ginocchio lo Stato romano. Non tutti gli azzurri, comunque, approvavano le sue idee, ma solo gli estremisti. Ed essi, man mano che la situazione si aggravava, finirono per configurarsi come moderati, perché i loro delitti erano ben pochi rispetto all'impunità concessa. Non è che gli estremisti dei verdi fossero da meno: commettevano delitti su delitti, anche se venivano continuamente colpiti come singoli; anzi, questo li imbaldanziva sempre più. È un fenomeno consueto: gli uomini vittime di ingiustizie non ragionano più. Giustiniano prese a sobillare e aizzare apertamente gli azzurri e l'Impero romano ne fu scosso dalle fondamenta, come per un improvviso terremoto o diluvio o come se tutte le città fossero in mano al nemico. Si verificò un ribaltamento generale, nulla restò più al suo posto: le leggi e l'ordinamento sociale furono interamente sovvertiti dal caos dilagante. La prima rivoluzione si manifestò nella pettinatura, con un netto distacco dalle consuetudini romane: gli estremisti non si radevano barba e baffi, ma se li facevano crescere all'ingiù, conforme all'uso persiano. Si facevano rapare davanti sino alle terapie, dietro invece lasciavano penzolare i capelli lunghissimi e incolti, come i massageti: perciò questa moda fu detta «alla unna». In secondo luogo volevano essere tutti degli elegantoni quanto a abbigliamento; si vestivano con uno sfarzo superiore alle loro possibilità: evidentemente avevano entrate speciali che glielo consentivano. Portavano le maniche della tunica strettissime intorno al polso ed esageratamente ampie verso la spalla. E quando nei teatri e nell'ippodromo si sbracciavano, come si usa, per gridare o incitare, questa parte della tunica si gonfiava e svolazzava in alto e dava l'impressione agli sciocchi che avessero bisogno di abiti tanto ampi per coprire un corpo straordinariamente bello e robusto, mentre, a pensarci bene, proprio il turgore e l'inconsistenza di quei vestiti denunciava la magrezza fisica. Sceglievano mantelli, brache e soprattutto scarpe secondo la foggia e la denominazione unne. Allora cominciarono a girare di notte quasi tutti visibilmente armati, di giorno portavano lungo la coscia pugnaletti a doppio taglio, nascosti sotto il mantello; appena imbruniva, si riunivano in bande e rapinavano la gente per bene tanto nel mezzo delle piazze che nei vicoli, spogliando i malcapitati di mantelli, cinture, fìbbie d'oro, e qualunque cosa avessero indosso. Oltre che rapinare, qualcuno pensavano bene di ammazzarlo, per evitare de-nunzie. La gente non ne poteva più, compresi i meno scatenati degli azzurri, che non venivano risparmiati neanche loro. Visto l'andazzo, molti cominciarono a indossare cinture e fibbie di bronzo e mantelli assai più modesti di quanto comportasse la loro classe sociale per non rimetterci la pelle per il gusto dell'eleganza; appena buio, tutti si rintanavano in casa. Perdurando l'allarmante situazione senza che l'autorità di polizia intervenisse contro i responsabili, l'impudenza di quegli uomini cresceva di giorno in giorno. Il crimine, se gli si concede licenza, dilaga inarrestabile, se è vero che non si riesce a sradicarlo completamente nemmeno quando si colpisce severamente: infatti, per natura la maggior parte della gente è pronta a indirizzarsi al male. Così si comportavano gli azzurri. Alcuni degli avversari passavano dalla loro parte, attratti dalla possibilità di diventarne complici e di non pagare il conto; altri cercavano rifugio segretamente fuori dal paese. Molti di loro però furono raggiunti anche fuori Bisanzio dall'odio degli avversari o dalle sanzioni dei magistrati. Questa associazione banditesca attirava masse di giovani che prima non avevano mai provato desiderio per cose del genere, ma che ora venivano trascinati dalla prospettiva di una violenza esercitata senza rischi. Non c'è tipo di scelleratezza nota agli uomini che non sia stata commessa allora impunemente. Il primo passo fu sterminare gli avversari di partito, il secondo ammazzare anche chi era assolutamente innocuo per loro. Molti se li comprarono e fornirono i nomi dei propri nemici personali: gli azzurri provvedevano a assassinarli subito, dopo averli etichettati come verdi, anche se non li conoscevano neppure. Non erano cose che accadessero nell'ombra e in un angolo, ma in ogni ora del giorno, in ogni parte della città e, se capitava, sotto gli occhi delle autorità. D'altra parte, che bisogno avevano di nascondere i loro misfatti, quando non c'era da temere il castigo? Anzi, c'era l'ambizione di distinguersi, di dare prova di forza e di virilità, uccidendo con un sol colpo uno dei tanti malcapitati disarmato; chi sperava più di sopravvivere in tempi così malsicuri? Il terrore faceva sospettare a tutti una morte imminente e non sembrava più esserci un posto o un momento che offrissero garanzie di sicurezza, dato che anche nelle chiese più venerate e nelle feste massacravano con la massima disinvoltura e non c'era neanche da fidarsi di amici e parenti: molti furono vittime proprio delle macchinazioni dei familiari. Non si aprivano inchieste: la disgrazia arrivava imprevista e nessuno offriva il suo aiuto. La forza delle leggi e delle convenzioni, che si fonda sulla saldezza del sistema, si era dissolta: regnavano violenza e caos: il governo assumeva sempre più il volto di una dittatura: e almeno fosse stata stabile, invece ogni giorno cambiava e ricominciava da capo, senza sosta. Le decisioni dei magistrati sembravan quelle di mentecatti, il loro cervello era schiavo della paura di un uomo solo: quando i giudici si trovavano davanti a tesi contrastanti, non erano certo l'equità e la legge a dettare i loro verdetti, ma i rapporti (buoni o meno) che ciascuno dei contendenti intratteneva con gli estremisti; del resto la morte incombeva come castigo sul capo del giudice che non avesse preso sul serio i loro avvertimenti. Molti creditori furono vivacemente costretti a restituire ai debitori i documenti del debito, senza aver riscosso un soldo, molti schiavi furono liberati contro la volontà dei loro padroni. Persine molte donne, pare, dovettero subire le attenzioni non richieste dei loro schiavi. Parecchi rampolli di famiglie ragguardevoli si intruppavano con questi mascalzoni e obbligavano i padri riluttanti a concedere varie altre cose e specialmente a sborsare quattrini. Tanti ragazzi, che pure si rifiutavano, furono forzati a ignobili rapporti carnali con gli estremisti, e i padri lo sapevano. Violenze del genere furono esercitate anche su donne sposate. Si racconta che una dama molto elegante e suo marito stavano attraversando in barca lo stretto, diretti ad un sobborgo sulla costa di fronte, quando si imbatterono in un gruppo di estremisti. Questi strapparono minacciosamente all'uomo la moglie e la fecero salire sul loro battello. La donna passò sull'imbarcazione dei teppisti: ma aveva fatto cenno di nascosto al marito di star tranquillo e di non temere nulla di oltraggioso per lei; non avrebbe subito violenze fisiche. Mentre il marito la stava guardando, straziato, si gettò in acqua e subito morì. Queste le belle imprese dei teppisti di Bisanzio. Chi ne subiva le conseguenze pativa meno per i soprusi che per i colpi inferti da Giustiniano allo Stato: perché se uno è stato crudelmente offeso da dei delinquenti, si consola ampiamente del dolore conseguente al disordine finché si aspetta da un momento all'altro l'intervento salutare della legge e della autorità. Gli uomini sopportano più agevolmente e con minor pena il presente, se nutrono buone speranze per il futuro, ma quando è proprio il potere statale ad angariarli, com'è logico, soffrono ancora di più per quello che succede e cadono nella disperazione, poiché è inutile attendersi vendetta. Giustiniano ebbe il grave torto non solo di non essersi voluto schierare dalla parte delle vittime, ma nel non aver disdegnato di erigersi, ostentatamente, a protettore degli estremisti. Finanziava largamente questa gentaglia, se ne teneva molti d'intorno ed alcuni pensò bene di sistemarli in magistrature e in altri posti chiave.
Procopio, Carte segrete, a cura di L.R. Cresci Sacchini, Garzanti, Milano 1977, pp. 36-41
Modificato da zvan 03/08/2005 12.45
La Medusa
00mercoledì 3 agosto 2005 17:09
Re:
Scritto da: zobmie 03/08/2005 16.39
Grazie al tifo ruspante di Medusa, incominciava a starmi simpatica questa quadra terruncella.
Ora spero solo che retroceda regolarmente secondo tutti i crismi in modo che non ci siano più sommosse.
Spezzo uno stuzzicadenti però in favore di popolo e squadra 'terruncella' suddetta:
Voi 'noddici' avete tante cose, noi 'terruncelli' nun c'avemo tutto sto granché: ergo, ci s'aggrappa a una squadra, la quale, malgrado tutto, funziona.
E' il simbolo di una specie di rivalsa e rappresenta anche una valvola di sfogo per migliaia di tifosi, alcuni dei quali, magari, se non avessero la possibilità di andare allo stadio, dato che di lavoro ne gira assai poco, tranne quello nero e da ultrasfruttato coi fiocchi, gira e gira, che minghia farebbero?
Magari andrebbero a delinquere pure o a fottermi le ruote della macchina, appena acquistata a via di lacrime e sangue.
Ergo... FORZA MESSINA!!!!
E così pure l'auto del Medusa ha qualche chance un più di cavarsela...
P.S.: E poi, mi risulta per la verità, che si minacci e si facciano cortei anche a Torino e a Genova...
Dott.Zivago
00mercoledì 3 agosto 2005 19:11
Re: Re:
Scritto da: La Medusa 03/08/2005 17.09
Spezzo uno stuzzicadenti però in favore di popolo e squadra 'terruncella' suddetta:
Voi 'noddici' avete tante cose, noi 'terruncelli' nun c'avemo tutto sto granché: ergo, ci s'aggrappa a una squadra, la quale, malgrado tutto, funziona.
E' il simbolo di una specie di rivalsa e rappresenta anche una valvola di sfogo
Medusa scusa se te lodico ma dai i numeri anche tu con sta storia?
Tu sei una persona in gamba e soprattutto sei parte dell'elite intellettuale della tua regione!
Eccheccazzo!!
"Voi noddici?" "Rivalsa?" "avete tante cose?"
a parte che è proprio sbagliato parlare di "rivalsa", ma qualsiasi cosa sia il sentimento di cui parli dovrebbe manifestarsi su tutt'altri campi, ben più vasti di 110mx70, o no?
Come è andata qui: Napoli in c1 con due scudetti e vari altri trofei e nessuno ha detto- giustamente - una parola perchè i bilanci erano più falsi di una copia di windows XP venduta dai cinesi.
Gli amministratori- Jervolino e Bassolino- si sono giustamente tenuti fuori da queste beghe prendendosi il rischio di passare per impopolari. La gente ha capito e quelli che non hanno capito e contestano sono prezzolati della destra che se la terra se li inghiottisse con tutto lo stadio contribuirebbe nettamente a migliorare la città.
Per cui basta con queste storie da curva B.
Io non sono tifoso ma non mi dispiace il calcio e qualche partita la seguo ogni tanto, ma contribuire a trasformare un gioco in una leva per esercitare il potere o come simbolo di rivalse sociali o campanilistiche mi sembra proprio una cosa da minimi termini