LIBERARE LA TV: DISPETTO A BERLUSCONI O RISPETTO DELLA DECENZA?

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INES TABUSSO
00sabato 1 aprile 2006 23:09

"...i partiti del probabile futuro governo, stremati per l'attesa, forse vorranno subentrare in silenzio nel duopolio. Da loro deve invece venire un previo impegno a invertire la rotta: rispettando anzitutto la legge..."
"...nel solco tracciato dall'Unione Europea - che non ammetterebbe al suo interno nuovi Paesi con assetti simili - e dalle pronunce delle autorità indipendenti..."



CORRIERE DELLA SERA
1 aprile 2006
Un disarmo bilanciato può liberare la tv
di SALVATORE BRAGANTINI

Viviamo in una democrazia incompiuta, dice Berlusconi, se una parte deve temere la vittoria dell'altra. Qui non si parla di politica, ma di soldi, il suo ramo, e del duopolio collusivo Rai-Mediaset nella pubblicità Tv; la sua potente maggioranza, anziché aprire le porte alla concorrenza nel settore seguendo le pronunce di Consulta e autorità indipendenti, le ha sprangate con la «Gasparri». Il duopolio che attrae l'attenzione generale è l'altro, nell'informazione politica in Tv, ma esso deriva da quello della pubblicità. Come ogni guerra, quella su spettacolo e politica in Tv si vince coi soldi, quindi con la pubblicità, da noi molto sbilanciata verso le Tv e il duopolio. Introducete la concorrenza in pubblicità, e anche gli effetti sulla politica spariranno. Della situazione beneficia chi di fatto controlla i duopolisti, da un lato Berlusconi, dall'altro i partiti di governo (di ieri, oggi e domani). Si avvicina forse la fine di un periodo in cui i due soggetti erano uno solo: «la vera storia italiana», un primato mondiale. Non sorprende che il beneficiario della rara congiunzione astrale veda nero; a rischio la presa sulla Rai, ancella docile del governo, si profila anche un futuro senza la «Gasparri». Una condanna inappellabile, un contrappasso dantesco?
Il duopolio occupa uno spettro di frequenze che eccede di molto le vere necessità di trasmissione. L'eccedenza si accrescerà col passaggio al digitale, che comprimerà sei canali nello spazio occupato oggi da un solo canale analogico, liberando così gran parte dello spettro. I duopolisti, mai sazi, vorrebbero usare il sovrappiù per espandersi in nuovi settori (dvbh, pay per view etc.), che l'epica «legge di sistema» ha dimenticato. In quel notorio bastione del comunismo che sono gli Usa, le frequenze in eccesso tornano allo Stato, che le mette all'asta con incassi stimati oltre i 10 miliardi di dollari. In Italia, invece, i soldi sono rimasti in tasca ai duopolisti, quindi per metà a Berlusconi, grazie alla «Gasparri»: si sa, gli ascari pronti ad aiutare un povero tycoon si trovano sempre.
In anni in cui lo Stato raschiava il fondo del barile, sono rimasti a livelli ridicoli i canoni che Mediaset, come Rai, paga per l'uso dell'aria, bene pubblico per eccellenza: poco più di 20 milioni l'anno, circa un 1% dei margini lordi di Mediaset, quanto il costo di un campione sportivo neanche dei più bravi, per l'uso di una parte cospicua dell'etere. Ciò non ci risparmierà, dopo il protagonista, le comparse, gli azionisti minori di Mediaset, contrari all'«esproprio» di una società quotata, patrimonio del Paese, e via salmodiando: la loro particina di «scudi umani» a difesa delle rampe di missili Mediaset era fin dall'inizio nel copione.
«Chi di spada ferisce...», si potrebbe dire, o «Chi troppo vuole nulla stringe», ma l'uomo non si accontenta mai, e un'ingiustizia non ne legittima altre. Qualcosa si muove alfine nella regolamentazione, con un'importante decisione dell'Autorità di settore sulle frequenze in eccesso, ma solo una nuova legge può livellare il campo di gioco. È obbligo di chiunque vinca le elezioni riportare ad un assetto proprio di un'economia di mercato la pubblicità Tv in Italia, e spezzare le catene che asservono la Rai. Anche una destra liberale dovrebbe farlo, se si materializzasse.
Chi voglia entrare nel settore oggi può solo presentarsi col cappello in mano al Cavaliere: non per dispetto a lui, ma per rispetto della decenza, finisca il duopolio e nasca la concorrenza. La strada è quella del «disarmo bilanciato» delle reti dei duopolisti: nel solco tracciato dall'Unione Europea - che non ammetterebbe al suo interno nuovi Paesi con assetti simili - e dalle pronunce delle autorità indipendenti, nominate dal governo uscente. Pare che Confalonieri tema Piazzale Loreto; siamo seri, deve solo entrare aria nuova, magari con aste «made in Usa» per lo spettro eccedente.
Quanto a Rai, i partiti del probabile futuro governo, stremati per l'attesa, forse vorranno subentrare in silenzio nel duopolio. Da loro deve invece venire un previo impegno a invertire la rotta: rispettando anzitutto la legge, stravolta nella nomina del Cda, e poi delineando per la Rai un ruolo da democrazia liberale, e non da Romania di Ceausescu o da repubblica bananiera.



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