LE RISPOSTE DEL RIFORMISTA E DEL FOGLIO ALL'ARTICOLO DI GIAN CARLO CASELLI E UNA STORIA INGLESE

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INES TABUSSO
00martedì 31 gennaio 2006 21:47
IL RIFORMISTA
31 gennaio 2006
Em.ma
L’INSUFFICIENZA DI CASELLI E DI CUFFARO

Il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso ha fatto appello a tutti i partiti affinché nelle prossime elezioni regionali in Sicilia e in quelle nazionali, che coincidono, le persone inquisite per mafia non siano candidate. Il Presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, ha dichiarato che aspetta che «siano i siciliani a dare un giudizio sulla sua vicenda giudiziaria». Per la verità, come imputato, il giudizio spetta a un tribunale, qualunque sia il numero delle preferenze che ottiene. I capi della Casa delle Libertà ipocritamente dicono: se basta l'apertura di un'indagine giudiziaria per non candidarsi, migliaia di cittadini sarebbero esclusi dalla lista. Grasso ha parlato di indagati per mafia, e non per violazione del codice stradale, e, penso, per i casi di collusione più evidenti e clamorosi. Quel che si chiede è un gesto politico ai partiti, un segnale da dare alla società e alla mafia. Nient'altro. Liberi di accettarlo o respingerlo. Nessuna criminalizzazione. Il Procuratore Caselli vuole, invece, escludere dalle liste anche chi è stato assolto per «insufficienza di prove». Una formula equivoca tutta italiana. «Insufficienza» vuol dire che le prove non ci sono. O no?



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IL FOGLIO
31 gennaio 2006
Il “non expedit” di Caselli
Niente candidature nemmeno per chi è stato assolto. L’elenco è lungo

Il procuratore antimafia Piero Grasso
ha sostenuto che i partiti non dovrebbero
mettere in lista candidati che siano
inquisiti per collegamenti con la criminalità
organizzata. Si tratta di un’opinione
che è in netto contrasto col principio
basilare in un sistema garantista:
si è innocenti fino a prova contraria.
Contro il parere di Grasso sono stati
evocati i tanti casi di esponenti politici
accusati di mafia e poi assolti, ma a questo
punto è sceso in campo Giancarlo
Caselli. Il pg di Torino spiega che neppure
l’assoluzione garantisce l’innocenza,
e che quindi bisognerebbe escludere
dalla competizione elettorale anche
qualche ex imputato assolto.
Il suo argomento, piuttosto contraddittorio
e anche comico, è che “la politica
italiana, nel suo complesso, tende
sempre ad autoassolversi”. Ma qui si
tratta di persone che sono state assolte
da tribunali, non dai loro colleghi di
partito. Il fatto è che, per Caselli, conta
solo l’accusa. Se una procura ha deciso
di processare qualcuno, costui è macchiato
per sempre anche se in tribunale
“se l’è cavata”. La sua teoria, peraltro
“non vale solo per i politici coinvolti
nelle inchieste mafiose”. Così, se gli si
desse retta, non potrebbe essere candidato
Silvio Berlusconi, ma neanche Romano
Prodi, nonostante sia stato prosciolto
da tutte le imputazioni che sono
state elevate contro di lui. Lo stesso varrebbe
per Claudio Burlando o per Barbara
Pollastrini dei Ds, addirittura per
Massimo D’Alema. Persino il detentore
della tessera numero uno del partito democratico
(virtuale), l’ingegner Carlo De
Benedetti non potrebbe, se mai lo volesse,
concorrere a una carica pubblica,
per le stesse ragioni. Dal “non expedit”
caselliano si salverebbe soltanto Giulio
Andreotti, ma solo perché è senatore a
vita. Anche contro di lui, peraltro, Caselli
continua a sostenere l’accusa, anche
dopo la fine ingloriosa dei suoi processi
accusatori. Insomma la presunzione
d’innocenza, che persino Caselli, a
parole, definisce “fondamentale”, si trasforma
nel suo contrario, in un pregiudizio
che niente, neppure una sentenza
di assoluzione, può cancellare.



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news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/december/17/newsid_3985000/398...


Il 18 dicembre 2003 Ian Huntley fu dichiarato colpevole dell'omicidio di Holly Wells e Jessica Chapman, due bambine di dieci anni, assassinate nell'agosto 2002 a Soham, in Inghilterra.
Ian Huntley era il bidello della scuola frequentata dalle bambine, la sua fidanzata era stata la loro maestra.
In Inghilterra la legge prevede che le indagini siano condotte dalla polizia, non da un magistrato.
Nel caso di Soham il lavoro della polizia subi' pesanti critiche, al punto che il ministro dell'Interno, David Blunkett, fece svolgere un'inchiesta (Bichard Inquiry), che fu pubblicata nel giugno del 2004.
www.bichardinquiry.org.uk/
news.bbc.co.uk/1/hi/uk/3826355.stm

L'inchiesta mise pesantemente sotto accusa le forze di polizia di due diverse citta', perche' gli agenti non erano stati in grado di darsi supporto reciproco mettendo a disposizione materiale probatorio, e perche' avevano distrutto, nella periodica eliminazione dei dati piu' vecchi, archivi di vitale importanza per le indagini (tra questi un dossier che identificava in Huntley un maniaco sessuale seriale).
Risulto' che Huntley era stato l'oggetto di numerose accuse di stupro (ben nove), anche nei confronti di minorenni, ma non era stato mai condannato, vuoi perche' le presunte vittime avevano ritirato la denuncia, vuoi perche' le prove non erano state giudicate sufficienti per un'incriminazione.
news.bbc.co.uk/1/hi/uk/3313501.stm

Lo si poteva considerare del tutto innocente quando, in una citta' nuova, dove non era conosciuto, venne assunto come bidello in una scuola frequentata da bambine.
L'inchiesta dimostro' parecchie leggerezze sia nel comportamento della polizia che in quello dei responsabili della scuola, che avrebbero potuto chiedere maggiori referenze al momento di assumere il bidello.
Tuttavia, al di la' delle leggerezze commesse, un dubbio rimane: e' giusto che garantismo e protezione della privacy possano portare al punto di assumere come bidello, in una scuola per bambine, un individuo innocente che, pero', si era distinto per essere stato l'oggetto di nove accuse di stupro, anche da parte di giovanissime?


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