LA PADANIA, LIBERO, E L'ONORE PERDUTO DELLA LEGA (ORA RITROVATO)

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INES TABUSSO
00giovedì 12 gennaio 2006 20:47
LA PADANIA
12 gennaio 2006
LE BUGIE DEI MASS MEDIA CONTRO LA LEGA
Il giudice condanna Libero
Il quotidiano accusò Speroni e Stefani di aver ricevuto finanziamenti da Tanzi
SIMONE GIRARDIN

Si fa presto a dire tangenti. Ancora più semplice scrivere che il politico di turno ha intascato tanti bei soldoni per favorire l’amico industriale. Poi non importa che tutto sia vero o sia soltanto una balla colossale. L’importante è sparare la notizia. Mostrare lo sporco dei palazzi. Infangare un partito. Diffamarlo. E se si chiama Lega Nord, che della trasparenza ha fatto il proprio pilastro, c’è ancora più gusto.
Capita poi, però, che quanto scritto si riveli una bufala gigantesca.
E’ la sorte capitata a Libero, il quotidiano diretto dall’ottimo Vittorio Feltri che una domenica di marzo del 2004 pubblicò in prima pagina la notizia di finanziamenti illeciti dell’allora patron della Parmalat Calisto Tanzi a due esponenti di spicco del Carroccio: Francesco Speroni e Stefano Stefani.
L’articolo, senza firma, è un pugno in faccia all’onestà del partito. Vengono riportati i verbali di presunti interrogatori del re di Collecchio.
Da settimane Libero sta martellando sullo scandalo che ha messo in ginocchio migliaia di risparmiatori fregati da manager e revisori spregiudicati. Nei corridoi delle procure di Milano e Parma si inizia a parlare di tangenti. Scatta la caccia ai nomi dei beneficiari.
Il quotidiano di Feltri è in prima linea. E il 7 marzo sbatte a tutta pagina i nomi di Speroni e Stefani.
I diretti interessati insorgono. Chiedono l’immediata smentita di quanto scritto. Viene depositata l’ordinanza del Tribunale di Monza che ordina al direttore di pubblicare in prima pagina, con eguale evidenza delle false notizie pubblicate nell’ambito della vicenda Parmalat, la rettifica richiesta. Ma non succede quasi nulla. Libero (pubblicherà tardivamente la rettifica) va per la sua strada. Si passa alle vie legali. Ieri la sentenza definitiva.
La sezione distaccata di Desio del tribunale di Monza ha dato ragione a Stefani e Speroni condannando il direttore responsabile Alessandro Sallusti e la cooperativa editoriale libero a pagare complessivamente 75 mila euro di danni (oltre alla pubblicazione della sentenza entro i prossimi quattro mesi sulla Padania o sul Corsera). L’accusa è di avere pubblicato «notizie diffamatorie nei confronti della Lega Nord e, più in particolare, di due suoi esponenti, i parlamentari Stefani e Speroni».
Come dire: quelle illecite donazioni alla Lega messe nero su bianco da Libero sono pura invenzione. Non ci sono mai state. Non una lira di Tanzi è finita nelle tasche di Stefani e Speroni.
Ma la verità, purtroppo, è anche un’altra: il fango gettato sul partito di Bossi rimane. Quell’odore di illegalità rischia di restare nell’opinione pubblica. E forse non basta nemmeno la condanna di un tribunale a lavare l’offesa.
Storie di colpi proibiti, di menzogne su cui il nostro giornale, proprio a pochi giorni dal natale, era tornato a parlarne. Scoppiato lo scandalo Bpi, i mass media hanno fatto la gara per tirare in ballo la Credieuronord (la piccola banca che si dice vicina alla Lega) e i presunti favori fatti da Fiorani ad alcuni esponenti del Carroccio. Due settimane fa scrivemmo che come per la vicenda Parmalat si erano scritte solo falsità, così stava accadendo ora con lo scandalo Antonveneta. Allora dissero che la Lega intascò finanziamenti illeciti. Oggi rivelatisi soltanto semplici barzellette da bar.
Adesso arrivano gli attacchi di Repubblica.
Ieri Libero oggi il quotidiano diretto da Ezio Mauro. E’ la solita storiella. Vista e rivista in più di un’occasione. Anche se questa volta la Parmalat non c’entra. In ballo c’è un’altra brutta storia: la scalata della Bpi ad Antonveneta.
Repubblica sta andando giù pesante contro la Lega. Tanto che ieri ha tirato in ballo perfino il leader Umberto Bossi, accusato di aver intascato 100 milioni di lire. Soltanto indiscrezioni che ieri mattina alle 9 (ma anche alle 13) un servizio del Tg1 ha ripreso allegramente nonostante la secca smentita dei vertici leghisti. Il giorno prima era stata la volta di Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti essere presi di mira da Repubblica. Il primo ministro delle riforme. Il secondo presidente della commissione bilancio della camera. Anche in questo caso notizie raffazzonate. Indiscrezioni. Sentito dire. Voci di corridoio. In parole povere: balle. Le querele sono già partite. Un atto dovuto davanti a simili stupidi “pettegolezzi”.



Parla l’avvocato difensore Matteo Brigandì
«Estranei ai fatti fin dall’inizio»

«Libero ci ha diffamato. E’ stato condannato e adesso dovrà risarcire i danni».
Non usa giri di parole Matteo Brigandì, l’avvocato che ha assistito la Lega Nord e i due suoi esponenti, i parlamentari Stefano Stefani e Francesco Speroni, nel commentare la decisione della sezione di Desio del tribunale di Monza che ieri ha condannato il quotidiano diretto da Feltri a pagare 75 mila euro di danni.
Soddisfatto Brigandì?
«Certamente. Ma già fin dall’inizio sapevano che quanto scritto da Libero erano solo illazioni e falsità. Abbiamo chiesto subito una rettifica che è stata pubblicata in prima pagina. Poi siamo andati avanti con la causa civile. Ora la sentenza che ci ha dato pienamente ragione ristabilendo l’integrità morale di un movimento che ha sempre fatto dell’onestà il suo cavallo di battaglia».
Quale sarebbe stata la colpa di Libero?
«Lo scandalo Parmalat era appena scoppiato. Il 7 marzo 2004, in un articolo non firmato in prima pagina, il quotidiano pubblicò alcuni stralci di presunti interrogatori resi da Calisto Tanzi dove l’imprenditore riferiva di finanziamenti illeciti di denaro alla Lega e ai due parlamentari. Così abbiamo chiamato in causa sia il direttore responsabile Alessandro Sallusti che Tanzi visto che Libero riportava dei brani dei colloqui».
E che cosa è emerso durante il processo?
«Che quanto scritto era privo di ogni fondamento. Nulla era vero. Tanto che non hanno portato nessun elemento a loro difesa. Così alla fine il giudice ha fatto anche in fretta a darci ragione e ha condannato il quotidiano a risarcire la Lega, Stefani e Speroni per un totale di 150 milioni di lire oltre alla pubblicazione della sentenza sulla Padania e sul Corriere della Sera entro i prossimi quattro mesi».
Allora è stata piuttosto semplice la sua difesa?
«Diciamo di sì. Il fatto che non abbiano portato alcuna giustificazione a quanto scritto ha reso tutto più semplice. Ma l’importante è che venisse accertata la totale estraneità ai fatti citati dal quotidiano. Così è stato».
In questi giorni alcuni giornali, in merito ad altre vicende giudiziarie, danno spazio a una serie di sospetti sulla Lega. Crede che ci possano essere delle affinità con quanto emerso dalla vicenda Libero-Parmalat?
«E’ inutile nascondere che quando si avvicinano importanti tornate elettorali ogni occasione è buona per gettare sospetti. Colpire la Lega fa comodo a molti. Soprattutto se si attacca un partito trasparente come il Carroccio. E’ un modo per renderlo ridicolo, indebolirlo. Ma la storia sta dimostrando che siamo gente onesta».
Pensa che possa bastare la sentenza del tribunale per dare giustizia su quanto di falso scritto da Libero sulla Lega in merito allo scandalo Parmalat?
«Credo di sì. Dispiace però che si debba ricorrere alla magistratura per vedere riconosciuta la propria estraneità ai fatti perchè un quotidiano ti sbatte in prima pagina come un corrotto».
Qualche rimpianto?
«Avrei qualcosa da dire sul risarcimento dei danni. Vedo una certa sproporzione quando la Lega vince una causa e quando la perde».
E cioè?
«75 mila euro di risarcimento rispetto ai 450 milioni di lire pagati da Bossi per un insulto in piazza a un pm dice già tutto...»
Sim. Gi.
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