FOLLINI, CASINI, E UNA VECCHIA BUGIA

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
INES TABUSSO
00lunedì 17 ottobre 2005 00:47
LA STAMPA
16 ottobre 2005
AMICIZIA E PARTITO

ROMA
I divorzi non si consumano mai in un giorno solo e quello tra Marco Follini e Pier Ferdinando Casini è stato preceduto da uno screzio lontano, soffocato nel silenzio ma che ha finito per screpolare un’amicizia che durava da trenta anni. E’ la fine di maggio del 2001, sono i giorni felici della vittoria del centrodestra e Marco Follini, che del Ccd è portavoce, chiede al suo amico Pier Ferdinando Casini in procinto di diventare Presidente della Camera: «Pier, ti confesso il mio sogno nel cassetto: mi piacerebbe fare il ministro delle Comunicazioni». Casini è perplesso («E il partito?»), ma Follini insiste: «Non ti ho mai chiesto nulla, ora te lo chiedo». E Casini: «Va bene, se metti in gioco la nostra amicizia, per quanto mi riguarda quel ministero è tuo».
Come sia finita quella storia, Marco Follini lo ha confidato soltanto agli amici più solidi: «Qualche giorno dopo Pier mi disse: “Ne ho parlato con Berlusconi che però non ne ha voluto sapere”». Follini ci resta male, ma quando incontra il premier ci resta ancora peggio: «Allora con Berlusconi il rapporto personale era buono e quando lo vidi lui mi raccontò: caro Marco io ero favorevole ad assegnarti quel ministero ma è stato Casini a bloccarmi, dicendomi che il Ccd sarebbe restato in mano a Buttiglione e pregandomi di allinearmi sulla versione ufficiale: non se ne è fatto nulla per cause di forza maggiore». Una vicenda che, in quei giorni, fece dire a Marco Follini: «E’ vero che le amicizie non si rompono per cose di questo tipo, ma se nel rapporto tra me e Pier davamo tutto per scontato, da quel momento non è stato più così». Vicenda intrigante quella che risale a quattro anni e mezzo fa. Perché aiuta a capire meglio quel che a prima vista risulta più sorprendente nell’infarto che ha colpito l’Udc: la fine di un’amicizia politica che sembrava inossidabile e che durava da quando Pier e Marco erano ragazzi. Anche perché, quella dei due «gemelli», è stata una oleografia alimentata dai giornali e mai vera sino in fondo. Tutto ha inizio - racconta la leggenda - su un treno che a metà degli Anni Settanta porta un manipolo di giovani democristiani verso uno dei pensosi convegni di quegli anni: in una stessa cuccetta finiscono due ragazzi romani, Marco Follini e Lorenzo Cesa e un bolognese, Pier Ferdinando Casini. Il più sveglio della compagnia è Follini. Il papà Vittorio è direttore di «Progetto», l’agenzia di Aldo Moro ed è proprio il vecchio capo democristiano a prendere in simpatia il giovane Marco. Che a 23 anni è già delegato nazionale (cioè segretario) del movimento giovanile della Dc e dunque in quel tempo Follini non solo è il capo di Casini («In quella nidiata - ricorda Arnaldo Forlani - c’erano anche Tabacci, Castagnetti e tanti altri»), ma è un ragazzo che partecipa a riunioni delicatissime. Come ha raccontato Agostino Giovagnoli nel suo recente «Il caso Moro», il libro che ha rivelato i verbali della Dc, in quei drammatici giorni Follini fa parte del comitato di crisi che i vertici dc tengono alla Camilluccia. In quegli anni Casini sta con i dorotei di Toni Bisaglia, ma dopo la morta violenta di Moro, il giovane Marco entra nella corrente del puro potere democristiano, riavvicinandosi all’amico Pier. Ed è in quegli anni che Bisaglia conia una definizione destinata a pesare: «Io ho due figli, uno bello e uno intelligente». Difficile dire se Casini il bello da quel momento soffra di un sottile complesso di inferiorità intellettuale verso l’amico Marco. Sta di fatto che quando Bisaglia muore, i due si dividono ancora: Follini entra nel Cda della Rai e si riavvicina alla sinistra dc, mentre Casini si accosta a Gianni Prandini, di cui Lorenzo Cesa diventa capo della segreteria, restando impigliato in una vicenda di tangenti per la quale finisce arrestato, anche se successivamente prosciolto. E quanto sia “apocrifa” la favola dei due gemelli lo dimostra anche un passaggio delicatissimo: nel gennaio del 1994 quando la Dc muore e si spacca in due, Casini fonda il Ccd. E Follini? In quei mesi se ne perdono le tracce, si è raccontato che fosse vicino al Ppi di Martinazzoli e qualcuno sussurra che l’acuto Marco abbia dato una mano, assieme a Castagnetti e allo storico De Rosa, a scrivere la relazione con la quale Martinazzoli battezzò il Ppi. Leggenda? «No, è vero - conferma Castagnetti - anche se poi Mino fece di testa sua». Il resto è storia nota: Follini entra nel Ccd, il sodalizio con Pier torna solido nel triennio 2001-2004 e si allenta ogniqualvolta l’Udc mette nel mirino Berlusconi. Ma già da anni i rapporti tra i due non sono quelli di una volta. Qualche settimana fa Follini confidò: «Con Pier ci telefoniamo tutti i giorni da 30 anni, da giovani andavamo a Cortina insieme e quando abitavo all’Olgiata lui veniva tutti i weekend da me». L’abitudine della telefonata quotidiana si è esaurita da due settimane, quella del weekend da anni e a Cortina va solo Casini. Anche perché nel frattempo le mogli non sono più le stesse.


Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:24.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com