FIORANI A CASA: I VERBALI DEGLI INTERROGATORI TENUTI RISERVATI FINO ALLA CHIUSURA DEI SEGGI

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INES TABUSSO
00lunedì 10 aprile 2006 19:48

LA REPUBBLICA
10 aprile 2006

Fiorani: "È l´ora di ricominciare"
Dopo 118 giorni l´ex banchiere lascia il carcere di San Vittore
Il giudice Forleo accoglie la richiesta dei legali e concede gli arresti domiciliari a lui e al suo braccio destro Gianfranco Boni
Prima di salire sul fuoristrada della moglie congeda i cronisti: "Scusate, vi saluto tutti"
È uscito alle 13,15 vestito con giaccone scuro e maglione rosso Stretta di mano con gli agenti penitenziari
ORIANA LISO, LORENZA PLEUTERI


MILANO - A pochi giorni dallo scadere dei quattro mesi di detenzione, per Gianpiero Fiorani si aprono le porte del carcere. Per fare, in senso inverso, la strada della sera del 13 dicembre scorso, quando l´ex numero uno della Banca Popolare Italiana entrò a San Vittore con l´accusa di associazione a delinquere, appropriazione indebita e aggiotaggio nell´inchiesta sulla (poi) fallita scalata all´Antonveneta. Il primo cielo che Fiorani vede, alle tredici e quindici di ieri, è grigio e carico di pioggia. È vestito sportivo, con giaccone scuro e maglione rosso, non sembra troppo provato e, per quanto non sorrida, la sua faccia è quasi serena. Nessuno sconto, per lui: come ai tempi di Mani Pulite, l´auto con cui sua moglie è venuta a prenderlo può solo accostarsi al cancello posteriore del carcere. E così l´ex banchiere deve accettare i flash dei fotografi, le telecamere e i cronisti che circondano la sua auto. Stringe le mani agli agenti penitenziari, dice rivolto ai taccuini: «Scusate, vi saluto tutti», prima di sparire dietro i vetri scuri del fuoristrada che lo porta verso gli arresti domiciliari nella sua Lodi.
Il cospicuo guardaroba e i libri raccolti in quattro sacchi neri e una borsa depositati nel bagagliaio, un pianto liberatorio mentre lasciava il centro clinico del carcere e attraversava i corridoi ringraziando tutti. «Sapevo che sarei finito qui», aveva detto pochi giorni dopo il suo ingresso nella stanza a due letti in cui ha passato quasi tutto il suo tempo. Un´ora e mezza prima dalla cancelleria dell´ufficio gip del tribunale era partito il fax con il provvedimento di scarcerazione per lui e per il suo ex braccio destro, Gianfranco Boni - che esce quasi in contemporanea e si eclissa dopo un fugace abbraccio con sua moglie - firmato dal giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo. Per entrambi, proibito ogni contatto con il mondo esterno, ma questo è un buon passo avanti, soltanto rispetto a poche settimane fa.
Che ieri fosse il giorno del ritorno a casa era nell´aria, ma fino all´ultimo un dubbio, anche se residuo, c´è stato. Molto giocava il parere favorevole dato dalla procura all´istanza di scarcerazione presentata martedì scorso dai legali di Fiorani e Boni, Francesco Mucciarelli e Luisa Mazzola. La prima, dall´inizio della vicenda, perché gli avvocati, in questi mesi, avevano sempre ripetuto: «Non è bello sentirsi dire di no». Un no per molto tempo praticamente certo: troppe le domande da fare all´ex ad della Lodi, troppe le risposte che mancavano per ricostruire le fasi della scalata dei "furbetti del quartierino". Sono servite sia le centinaia di pagine di dichiarazioni degli interrogatori che la promessa di far rientrare in Italia il tesoro messo assieme illecitamente e nascosto all´estero. Con il benestare della procura, in cinque giorni il gip Forleo ha deciso e motivato la scarcerazione. Un sì arrivato quasi contemporaneamente in carcere e a Lodi. Così, mentre Fiorani raccoglieva la sua roba nei sacchi neri - rinunciando all´appuntamento fisso con la messa domenicale e all´altro, con l´urna elettorale approntata in carcere per i detenuti - dalla villa alle porte di Lodi è partita la Lexus grigia di Gloria Fiorani. Suo fratello, che guidava, ci ha messo un po´ più del previsto ad arrivare a San Vittore, tanto che la polizia penitenziaria aveva già chiamato un taxi per Fiorani, che non voleva perdere neanche un minuto di libertà. Perché, come ha detto a parenti e amici che lo aspettavano nel salone della sua villa, «adesso è il momento di ricominciare».



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Nei verbali del manager sarebbero coinvolti esponenti eccellenti del centrodestra
Una confessione esplosiva che fa tremare la politica
Sarà resa nota solo dopo la chiusura dei seggi
Nelle carte anche il ruolo degli ex vertici di Unipol Consorte e Sacchetti e l´attacco tentato da Ricucci al Corriere della Sera
Le rivelazioni riempiono uno scatolone e un cd-rom. La procura ha deciso per la prima volta di tenerle segrete per altre 24 ore
LUCA FAZZO

MILANO - Poco più di dieci pagine: ma dieci pagine in grado di fare irruzione con il garbo della nitroglicerina sulla scena politica, rivelando finalmente - dopo sei mesi di indiscrezioni - cosa abbia detto davvero Gianpiero Fiorani nei suoi interminabili interrogatori a San Vittore. I verbali di Fiorani riempiono uno scatolone e un cd-rom. Ma il succo sta in buona parte nelle dieci pagine dell´ordinanza di scarcerazione firmata ieri dal giudice Clementina Forleo. Si tratta di un documento così esplosivo che, con una procedura che rappresenta una novità assoluta, verrà depositato solo oggi, ventiquattr´ore dopo essere stato eseguito. L´obiettivo è evitare che i suoi contenuti trapelino ad urne ancora aperte, e possano così influenzare l´andamento del voto.
Una parte delle dichiarazioni di Fiorani, quelle che gli sono valse la concessione degli arresti domiciliari, sono ormai note: sono quelle che chiamano in causa esponenti di Forza Italia (come Aldo Brancher, sottosegretario alle Riforme, e Paolo Romani, coordinatore i Lombardia, o gli onorevoli Luigi Grillo e Ivo Tarolli) e della Lega Nord (come il ministro Roberto Calderoli e, in modo più contraddittorio, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti) per i favori ricevuti dalla Banca popolare italiana a ricompensa del loro sostegno al governatore di Banca d´Italia Antonio Fazio. Ma esiste un´altra parte, ed è la più corposa, delle dichiarazioni di Fiorani di cui non è trapelato assolutamente nulla. A confermare che si tratta di rivelazioni di grande interesse c´è la cura meticolosa con cui la Procura ha impedito che trapelassero prima del voto per il rinnovo delle Camere, per evitare accuse di strumentalizzazione politica.
Anche in questi giorni, i pubblici ministeri che conducono l´inchiesta Antonveneta hanno cercato in ogni modo di mantenere coperto il contenuto degli interrogatori. I verbali, che erano stati tutti secretati, sono stati depositati solo negli ultimi giorni ai difensori di Fiorani, Francesco Mucciarelli e Luisa Mazzola. La richiesta di scarcerazione firmata dai due legali evita accuratamente di citare stralci dei verbali, e lo stesso vale per la Procura, che ha espresso parere favorevole. Ma è invece assai improbabile che l´ordinanza firmata ieri dal giudice Forleo non affronti direttamente il tema del comportamento processuale di Fiorani e del suo ex braccio destro Gianfranco Boni, scarcerato ieri insieme a lui, e anche lui protagonista di fluviali confessioni. D´altronde la Forleo deve motivare la risposta diversa data a Fabio Massimo Conti, un imputato minore cui negò la scarcerazione (e che lasciò San Vittore solo grazie al Tribunale della libertà), e del via libera dato invece a Fiorani e Boni. È vero che Fiorani ha messo a disposizione oltre cento milioni di euro. Ma la diversità, per la Forleo, sta soprattutto nel modo esauriente in cui i due ex manager di Bpi hanno risposto alle domande dei pm. Per questo è inevitabile che i contenuti di quegli interrogatori, almeno nei passaggi principali, vengano riportati nelle motivazioni che il giudice depositerà questa mattina.
L´interesse non riguarda solo il tentativo di scalata di Bpi ad Antonveneta, di cui Fiorani ha descritto minuziosamente genesi e padrini politici e istituzionali. C´è anche l´associazione a delinquere (il reato più grave, quello che ha tenuto l´ex numero uno di Bpi in carcere fino a ieri mattina) che ruotava intorno a lui, finalizzata a saccheggiare le casse di Bpi, e di cui pure Fiorani ha parlato. E ci sono le vicende che non lo vedono direttamente indagato, ma di cui certamente molto sapeva: dalla scalata di Unipol a Bnl, all´assalto di Stefano Ricucci al Corriere della Sera, fino al groviglio di affari multimilionari che stava intorno ai passaggi di proprietà di Telecom Italia. Anche di questo Fiorani ha parlato molto: come quando ha descritto a forti tinte il ruolo dei manager degli ex vertici di Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti. Il cd-rom con le trascrizioni integrali delle dichiarazioni di Fiorani, quando verrà reso noto, si preannuncia come una piccola enciclopedia della via italiana al crimine economico-politico, con ampi riferimenti al ruolo tanto della maggioranza quanto dell´opposizione. Di questa desolante summa le dieci pagine dell´ordinanza di Clementina Forleo costituiscono una succosa sintesi.



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CORRIERE DELLA SERA
10 aprile 2006
Dopo la scarcerazione dell'ex amministratore delegato di Bpi
«Intreccio inquietante tra banche e politica»
È ciò che emerge dalle indagini e dalle testimonianze di Giampiero Fiorani raccolte dal Gip Clementina Forleo

MILANO - C'è un quadro inquietante di intrecci tra il sistema bancario e finanziario nazionale e un certo sistema politico che avrebbe dovuto impedire l'ingresso in Italia a banche straniere in grado di alterare gli equilibri consolidati. È ciò che emerge dalle indagini e dalle testimonianze, secondo quanto rileva il gip Clementina Forleo nelle motivazioni dell'ordinanza con cui, ieri, ha concesso gli arresti domiciliari all'ex ad di Bpi, Gianpiero Fiorani.
Giampiero Fiorani lascia il carcere milanese di San Vittore (Ap)
SCARCERAZIONE - Il gip ha accolto l'istanza di scarcerazione presentata dai legali dell'ex numero uno della banca lodigiana perchè l'indagato ha dimostrato la volontà di collaborare con gli inquirenti, un deciso impegno a restituire i suoi capitali depositati all'estero e la determinazione a chiudere ogni rapporto con gli ambienti che avevano dato un contributo decisivo alla creazione del sistema illecito che ruotava intorno alla Banca popolare italiana.
L'INCHIESTA - Che l'inchiesta milanese sul tentativo di scalata ad Antonveneta fosse destinata a scuotere dalle fondamenta il mondo finanziario e bancario italiano lo si era capito con il provvedimento shock del 25 luglio 2005. Quel giorno, i pm Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti sequestrarono tutte le azioni della banca patavina rastrellate dai cosiddetti «concertisti», comprese quelle in mano alla Bpi, allora guidata da Gianpiero Fiorani. Fu lo stesso gip Clementina Forleo, nel convalidare il sequestro preventivo delle azioni, a delineare «l'organigramma» del «concerto». E lo fece in modo ancor più dettagliato nel provvedimento con cui interdiceva per due mesi Fiorani e altri, tra i quali Stefano Ricucci, dalle cariche societarie, il 3 agosto: Fiorani «vero promotore e organizzatore dell'aggiotaggio», Boni «il suo braccio destro», il finanziere bresciano Emilio Gnutti «complice fidato e rassicurante», in quella che il giudice definì un' operazione di «pirateria finanziaria», nell'ambito di un progetto che si avvaleva di «un sistema istituzionale gravemente malato, restio a prendere le distanze da logiche di favore e favoritismi».
L'ARRESTO - Non fu, però, per quell'operazione di «pirateria finanziaria» che Fiorani e altri finirono in carcere. Fu, invece, per quelle operazioni «immobiliari e mobiliari» che avrebbero assicurato agli indagati guadagni illeciti per decine di milioni di euro. Fiorani, dopo il suo primo interrogatorio da indagato, aveva assicurato che avrebbe fatto rientrate in Italia una settantina di milioni, ma il gip aveva ritenuto questa sua promessa fosse una «mera dichiarazione finalizzata a tamponare interventi repressivi», come appunto l'arresto. I giri vorticosi di denaro su conti esteri erano proseguiti fino poco prima che, il 13 dicembre dell'anno scorso, scattasse il bliz che decapitò il vecchio management di Bpi che, secondo il gip, poteva disporre di una «rete di protezione» ancora operativa di politici (i cui nomi sono stati fatti da Fiorani e Boni ma che non sarebbero oggetto d'indagine), aveva a disposizione società off-shore e non collaborava con gli inquirenti. Aveva, invece, complicità ramificate «all'esterno e all'interno dell'istituto» di credito lodigiano. L'associazione ebbe un ruolo nella tentata acquisizione di Antonveneta ma anche in quella, precedente, di scalata a Popolare di Crema, «sicura e garantita in quanto coperta e voluta dalla Banca d'Italia».
IL RILASCIO - Se il gip Forleo, su parere positivo della Procura, ha ora concesso a Fiorani gli arresti domiciliari significa che l' atteggiamento dell'ex banchiere è cambiato nei 14, complessi interrogatori nel carcere di San Vittore, dove i pm milanesi sono stati spesso nelle ultime settimane, in un'occasione anche con i loro colleghi romani che si occupano dei risvolti dell' inchiesta nella Capitale. Oltre che dei rapporti con l'ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, dell'ex capo della sorveglianza di palazzo Koch, Antonio Frasca, e della sua attività in Bpi, Fiorani ha parlato anche di quelle presunte «sistematicità degli atti» e di «disegni strategici comuni» sulle quali si baserebbe, per la Procura, l'associazione a delinquere che viene contestata allo stesso ex banchiere e agli ex numeri 1 e 2 di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti e al 'raider' bresciano Emilio Gnutti. I tre più volte, secondo l'accusa, avrebbero assistito Fiorani nelle sue scorribande nel sistema bancario italiano, ottenendo plusvalenze (per Consorte e Sacchetti, complessivamente una cinquantina di milioni) che i pm sospettano essere di provenienza illecita. Nell'ambito di questo filone d'inchiesta sono stati avviati contatti per una rogatoria a Montecarlo proprio sui conti di Consorte e Sacchetti, da loro stessi forniti agli inquirenti.



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L'inchiesta della procura di Milano sulla scalata all'istituto padovano
Antonveneta, indagato il senatore Grillo
Per l'esponente di Forza Italia l'ipotesi di reato è concorso in aggiotaggio. Secondo Fiorani, aveva un ruolo di «lobbysmo puro»

MILANO - Il senatore Luigi Grillo risulta iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sulla scalata ad Antonveneta. Per lui l'ipotesi di reato è concorso in aggiotaggio. Lo hanno riferito fonti giudiziarie, aggiungendo che l'iscrizione del politico risale a oltre un mese fa.

VERBALI - Il nome di Grillo, senatore di Forza Italia, appare nei verbali degli interrogatori resi nei mesi scorsi dall'ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana (Bpi) Gianpiero Fiorani e dell'ex direttore generale Gianfranco Boni, che proprio ieri hanno ottenuto gli arresti domiciliari dopo quasi quattro mesi di carcere. Secondo Fiorani, Grillo aveva un ruolo di «lobbysmo puro» perché con le sue frequentazioni politiche nazionali aveva tentato di appoggiare «un grande progetto industriale di importanza nazionale». Grillo, inoltre, venne messo subito a conoscenza, nella notte tra l'11 e il 12 di luglio, dell'autorizzazione data dall'allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio all'Opa (offerta pubblica di acquisto) su Antonveneta.

REAZIONI - Il senatore è stato informato della notizia nella sede genovese di Forza Italia. «Sono stupito e incredulo - ha dichiarato - Ma quale aggiotaggio, ho investito solo poche migliaia di euro». «Ancora oggi - ha aggiunto - sono fermamente convinto della bontà del progetto industriale della Banca Antonveneta: creare una grande banca italiana nel nord est aveva una sua validità. Per quanto mi riguarda sono sereno, ritengo di non aver fatto nulla di illegale, come ho più volte dichiarato. Non credo di aver mai compiuto speculazioni sulla banca in questione. Sono amareggiato. Siamo ancora una volta di fronte a una strumentalizzazione a fini politici dal momento che nessuno ha mai notificato a me direttamente la notizia della mia iscrizione nel registro degli indagati che ho appreso tramite le agenzie».



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Ci sono le elezioni, omissis sui politici
Il gip toglie tutti i riferimenti dall’ordinanza. Ma potrebbero riapparire in questi giorni
MILANO - È nascosto dentro alcuni «omissis» il motivo per il quale il gip Clementina Forleo ha concesso gli arresti domiciliari a Gianpiero Fiorani e a Gianfranco Boni. Dopo il sì della Procura della Repubblica di qualche giorno fa, il giudice si è fatto mandare dai pm tutte le nuove carte dell’inchiesta Antonveneta, se le è lette, le ha soppesate e si è convinta che l’ex amministratore delegato della Banca popolare di Lodi e il suo braccio destro potevano lasciare San Vittore dopo quasi quattro mesi di carcere, ma solo per proseguire la detenzione cautelare in casa. Quegli «omissis», le cancellazioni, potrebbero cadere già oggi nel momento in cui i difensori dei due indagati potranno ottenere copia dell’atto del gip alla riapertura degli uffici dopo il weekend. Nelle nuove carte d’indagine, nomi di politici in lizza per la Camera e il Senato ricorrono insistentemente. E non ci fanno bella figura, specialmente a urne aperte. Rendendo nota esclusivamente la decisione di scarcerazione e celando per 24 ore qualsiasi riferimento, si è evitato ogni riflesso sulle elezioni e la conseguente e inevitabile polemica sugli interventi a «orologeria» da parte della magistratura.

COLLABORAZIONE - Dopo la richiesta arrivata dai legali di Fiorani e Boni - gli avvocati Francesco Mucciarelli e Luisa Mazzola - il giudice si è preso per intero i cinque giorni che il codice concede per decidere. Il via libera della procura si basava su una serie di nuovi elementi forniti da Fiorani durante 14 interrogatori e confermati a riscontro da Boni. Non si tratta, quindi, solo di una semplice collaborazione, ma di una lunga e particolareggiata descrizione e spiegazione del panorama che si celava dietro la spericolata scalata all’Antonveneta, operazione costata a Fiorani e Boni l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’aggiotaggio, alla ricettazione e all’appropriazione indebita.


NUOVI FATTI - Fiorani e Boni hanno, per così dire, messo giù tutte le carte che avevano in mano nella partita con i pm. Hanno ricostruito i rapporti all’interno e all’esterno della banca, prima e durante il tentativo di scalata dell’Antonveneta stroncato a luglio 2005 dall’inchiesta, avviata dopo la denuncia presentata dall’Abn Amro, l’istituto di credito olandese concorrente alla Lodi che poi si è aggiudicato l’offerta pubblica di acquisto sulla banca padovana. Le dichiarazioni dell’ex amministratore delegato e del suo vice in Bpl non avrebbero portato a nuove iscrizioni nel registro degli indagati, ma hanno certamente gettato nuova luce su molti dei personaggi già coinvolti e, sembra, su altri mai toccati prima dalle indagini. Più fatti di costume, o di malcostume, che veri e propri reati. Questioni e vicende che il giudice Forleo deve aver necessariamente riportato nella motivazione coperta con gli omissis.


«NESSUN PERICOLO» - Nelle 20 pagine della memoria presenta nelle scorse settimane dalla difesa, i legali fanno notare che non ci sarebbe più alcuna possibilità da parte di Fiorani, considerato il «vero promotore e organizzatore dell’aggiotaggio», e di Boni di inquinare le prove, né di commettere altri reati dello stesso tipo (entrambi non hanno più cariche nella banca) o di fuggire, perché tutti i soldi depositati all’estero (circa 70 milioni di euro per il solo Fiorani tra Montecarlo e Singapore) sono stati bloccati o comunque individuati e, quando le banche straniere e le società off-shore che li custodiscono li libereranno, rientreranno in Italia per essere messi a disposizione della magistratura.


ESIGENZE AFFIEVOLITE - Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni, però, restano ancora in stato di custodia cautelare, anche se a casa loro e non più a San Vittore. Vuol dire che i pericoli di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione dei reati si sono solo affievoliti. Non potranno uscire e potranno avere solo contatti con i propri congiunti e con gli avvocati.


L’INCHIESTA - I pm Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti stanno per chiudere la parte dell’inchiesta che riguarda l’aggiotaggio Antonveneta - filone che coinvolge una settantina di indagati, tra cui l’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio, e 15 società - e la gestione «allegra» della Popolare di Lodi che ha favorito anche alcuni politici, i cui nomi sono già emersi dalle indagini, ma non iscritti tra gli indagati. Il deposito degli atti dovrebbe avvenire nelle prossime due o tre settimane. E allora si avrà il quadro completo di un’indagine che ha scosso il mondo finanziario italiano.

gguastella@corriere.it
Giuseppe Guastella
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