CORSAIRS GOLD (III) - Golconda.

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Mercante di Spezie
00venerdì 30 settembre 2005 22:56

CORSAIRS GOLD (III).

Golconda.

Campagna Francese: missione sette.

Lo scenario.

La mappa dello scenario rappresenta: la costa orientale dell’Africa, dal Mozambico alla Somalia, con l’Isola di Zanzibar; il Madagascar, con le isole Comoro, Mauritius e Rèunion; e l’Oceano Indiano, con Agalega, Alphonse, Desroches e con Mahe, Plate e Saint Pierre ed inoltre con Aldabra, Cosmoledo e Farquhar.

Gli Spagnoli hanno 1 stabilimento in Africa e possiedono 3 stabilimenti alle isole Comoro.
I Francesi hanno 1 stabilimento in Africa ed 1 stabilimento alle isole Comoro e possiedono inoltre il Madagascar (2 stabilimenti), Rèunion (2 stabilimenti) e Mauritius (1 stabilimento) ed anche Alphonse (1 stabilimento), Saint Pierre (1 stabilimento) e Desroches (1 stabilimento).
Gli Inglesi hanno 2 stabilimenti in Africa e possiedono Zanzibar (1 stabilimento) ed inoltre possiedono Agalega (1 stabilimento) e Mahe (1 stabilimento).
Gli Olandesi hanno 1 stabilimento in Africa e possiedono Plate (1 stabilimento).
I liberi mercanti (neutrali) hanno 10 Principati: 4 in Africa, 3 nel Madagascar, 1 a Mauritius, 1 a Plate ed 1 a Mahe. I pirati hanno 10 covi, nascosti.

Le navi disponibili comprendono flauti, pinacce e caravelle (navi mercantili), sciabecchi, trabaccoli e cutter (navi piccole e veloci), golette, brigantini e fregate (navi da guerra veloci) corvette e galeoni (navi da guerra lente e potenti).

La situazione iniziale della partita vede la Francia in guerra contro l’Inghilterra ed i pirati. Patto di non aggressione tra Spagna e Francia. Spagna in guerra contro l’Inghilterra. Olanda neutrale.

La storia.

Nuovi ordini.

A Mogadiscio trovo ad attendermi una pinaccia, La Foudre, con 60 uomini e 20 cannoni. Poco dopo un agente del Governatore Generale d’Africa, giunto a bordo di un mercantile neutrale, mi consegna i miei nuovi ordini.
La guerra della Francia contro i pirati continua. Inoltre è stato rinnovato il patto di non aggressione tra la Spagna e la Francia. L’Inghilterra invece ha annullato il suo patto di non aggressione con l’Olanda. La Spagna è in guerra contro l’Inghilterra ed ha chiesto l’aiuto della Francia per difendere i propri stabilimenti.
Il mio nuovo compito consiste nel difendere Mogadiscio dagli Inglesi; devo inoltre aiutare gli Spagnoli a mantenere i loro stabilimenti alle isole Comoro.

Mogadiscio.

Mogadiscio non mi piace. Con la sua popolazione infida e imbastardita, gli europei imbelli ed arroganti. Il clima è malsano e snervante. La città non ha praticamente difese e le installazioni portuali sono in uno stato lamentevole.
Rapidamente, prendo in pugno la situazione. Potenzio il bacino di carenaggio ed i fari, aumento l’efficienza del forte costiero e rafforzo la guarnigione.
Qualcosa mi dice che questa calma è soltanto apparente.
Durante una missione di perlustrazione, nelle acque al largo della città, con La Confiance ho catturato un solitario lugger inglese.
Dopo qualche giorno trascorso nelle prigioni del forte il suo comandante mi rivela di essere stato mandato in ricognizione, in previsione dell’imminente arrivo di una flottiglia inglese, inviata a conquistare Mogadiscio.
Gli Inglesi non si aspettano tuttavia di trovare in porto una fregata, in pieno assetto di battaglia e questo mi dà un’idea. Lasciata in porto la pinaccia, a far da esca, mi posiziono con La Confiance molto al largo, di fronte a Mogadiscio, in attesa degli eventi.
Non dovrò attendere per molto.

La battaglia di Mogadiscio.

Due giorni dopo, provenienti da nord, tre mercantili armati inglesi attaccano la città.
Attendo pazientemente che il nemico entri in porto, dopo di che sopraggiungo a vele spiegate. Li colgo di sorpresa.
Tiro a mitraglia sulla prima nave, la affianco e la abbordo.
Poi passo alla seconda, conquistandola di slancio.
Attracco al molo, velocemente imbarco un equipaggio di rinforzo e quindi ingaggio l’ultima nave britannica, che tentava la fuga, conquistandola.
Sbarcati i prigionieri, provvedo a riparare le navi catturate, ricostituire la dotazione di cannoni e munizioni ed imbarcare nuovi equipaggi.
La popolazione di Mogadiscio, che all’inizio aveva ignorato quasi l’arrivo del nuovo Governatore e del suo equipaggio, oggi inneggia al nostro valore.

Incursione a Saint Pierre.

Mentre nel porto sono in corso questi lavori di raddobbo giunge a Mogadiscio un trabaccolo francese, proveniente da Saint Pierre. Le notizie che porta sono pessime. Una flottiglia pirata si è impadronita del piccolo stabilimento.
Quelle canaglie, dopo essere sbarcate di sorpresa, hanno selvaggiamente ucciso e saccheggiato, devastando ed incendiando gli edifici, trascinando sulle loro navi molti infelici prigionieri e distruggendo tutto quanto non riuscivano a portare via con sé.
Dopo l’incursione la maggior parte delle navi sono salpate, ma numerosi pirati sono ancora a terra e l’isola è in preda all’anarchia.
Il governatore di Saint Pierre è stato oltraggiato, selvaggiamente torturato per due giorni ed infine ucciso ed il suo corpo mutilato.
Questo riferiscono i pochi scampati, che hanno affrontato, con pochi viveri, una dura navigazione per giungere a Mogadiscio, in cerca di soccorso.
Non posso certamente ignorare un appello così pressante. Molte vite sono in pericolo e pertanto, malgrado la minaccia inglese continui ad incombere su Mogadiscio, decido di salpare per le isole dell’Oceano Indiano.
Lascio però La Confiance a Mogadiscio, con il compito di difendere lo stabilimento, e mi imbarco su La Foudre, con la quale salpo, assieme alle tre pinacce tolte agli Inglesi, che ho provveduto a caricare di viveri per la popolazione di Saint Pierre.
La navigazione fino all’isola è tranquilla. Nell’imminenza dello sbarco le mie navi assumono un’impeccabile formazione di battaglia. Che si rivela però non necessaria, in quanto al mio arrivo la flotta pirata, che mi confermano essere quella di Batholomew Roberts, ha già lasciato quelle acque.
La situazione sull’isola martoriata è quella che mi avevano descritto i profughi riparati a Mogadiscio: ovunque sono morte e desolazione.
Domando agli abitanti perché non abbiano tentato di raggiungere le isole vicine, Alphonse o Desroches, per trovarvi rifugio. Mi rispondono che anche Alphonse è stata bombardata dai pirati, che però colà non sono sbarcati, mentre della protezione offerta dall’imbelle governatore di Desroches nessuno ha voluto fidarsi.
Sbarcato in città con i miei soldati ho subito provveduto a ristabilire l’ordine, affidando il comando provvisorio ad uno dei pochi componenti della guarnigione sopravvissuti all’assalto ed al successivo massacro. I racconti dei superstiti sul comportamento e sulle efferatezze dei pirati hanno colpito e disgustato i miei uomini.
Le autorità provvisoriamente insediate hanno iniziato a distribuire alla popolazione i viveri e gli aiuti sbarcati dalle mie pinacce. Qua e là qualcuno, tenace e coraggioso, ha già dato inizio ai primi lavori di ricostruzione.
I miei soldati, mandati a perlustrare l’interno dell’isola, sono tornati con alcuni prigionieri, pirati attardatisi nel saccheggio e dimenticati dai loro compagni.
Spada in pugno e circondato dai miei moschettieri ho imposto la mia autorità alla popolazione infuriata ed ebbra di vendetta. I pirati catturati sono stati impiccati, ma soltanto dopo aver subito un regolare processo. I loro corpi, lasciati a penzolare sulla spiaggia, saranno forse di monito ai loro compari.
Poiché le vedette non segnalano alcun avvistamento ed avendo ormai fatto tutto quanto era in mio potere per la popolazione di Saint Pierre, decido di rientrare a Mogadiscio, dove nuovi compiti mi attendono.



Febbre gialla.

Soddisfatto del mio operato, da Mogadiscio invio il lugger a Mayotte, con un messaggio per il suo Governatore. La risposta del mio amico e collega è preoccupante.
Dopo dura lotta i pirati si sono impadroniti di Moroni, la capitale delle isole Comoro, mentre navi Inglesi incessantemente bombardano i rimanenti due stabilimenti spagnoli.
Mayotte stessa è ormai minacciata. Il Governatore francese d’Africa ha ordinato ai suoi capitani di accorrere in difesa delle Comoro e di riconquistare ad ogni costo Moroni, per conto degli alleati Spagnoli.
Obbedendo all’ordine inizio i preparativi per portare a sud la mia piccola flotta, ormai formata da una fregata, quattro pinacce ed un lugger. Ma un evento, tanto terribile quanto inatteso, sconvolge i miei piani.
A Mogadiscio è scoppiata un’epidemia di febbre gialla. Il morbo dilaga e ben presto dalla città si estende alla guarnigione. Marinai e soldati si ammalano e muoiono oppure abbisognano di lunghe cure per riprendersi. La mia flotta è immobilizzata in porto.
Trascorrono così lunghe settimane, durante le quali impegno tutte le risorse disponibili a sostenere gli sforzi eroici dei medici per contenere l’estendersi del contagio ed attenuarne gli effetti. Alcuni di loro hanno pagato con la vita la loro abnegazione.
Gli Olandesi approfittano della nostra situazione per bombardare il porto. Tuttavia le batterie del forte, per quanto a corto di uomini, riescono a tenerli lontani.
Finalmente l’epidemia si attenua, senza scomparire ma rimanendo sempre come in agguato, rintanata quasi nei miserabili tuguri di quegli infelici abitanti.
Per compensare i vuoti che il morbo ha aperto tra le file dei miei uomini, sono costretto a reclutare tra gli indigeni. Ma per dare ai nuovi marinai il necessario addestramento occorrerà, temo, molto tempo.

Una disastrosa sconfitta.

Finalmente, pressato dal Governatore Generale d’Africa, che mi ingiunge di intervenire al più presto, salpo per le Comoro con i miei inesperti equipaggi.
Eppure questa spedizione, decisamente iniziata sotto una cattiva stella, è destinata a non avere buon esito.
Al largo di Zanzibar infatti la mia flotta viene affrontata da una corvetta e da due fregate inglesi.
La Confiance piazza alcuni tiri precisi sulla corvetta nemica, costringendola ad allontanarsi, ma nel frattempo le fregate affondano due delle mie pinacce. Peggio ancora, un’altra pinaccia viene affondata da una caravella inglese, sopraggiunta alle spalle della mia formazione. Il mio lugger impegna allora la caravella britannica, ma con poche speranze. La battaglia ormai volge al peggio. Ordino quindi alla pinaccia superstite di ritirarsi e ne copro la fuga tirando palle incatenate per disalberare le fregate nemiche e ricevendo a mia volta parecchi colpi.
Rompo quindi il combattimento e rientro a Mogadiscio dove, qualche giorno dopo, sopraggiungono le mie due navi superstiti, gravemente danneggiate.
La battaglia si è risolta in una disastrosa sconfitta e doverne riferire al Governatore Generale non ha migliorato certo il mio umore.

Alla luce di una cattiva stella.

Mentre sono in corso i lavori di riparazione de La Confiance invio la pinaccia superstite, che ha subito lievi danni, al libero principato di E - Done con un carico di zucchero, caffè e seta, giusto per fare un po’ di commercio e cominciare a reperire il denaro necessario per le nuove costruzioni navali.
Poiché il tempo trascorre senza che la nave faccia ritorno, invio il lugger lungo la sua rotta, in cerca di notizie. Il suo capitano me ne riporta di pessime. A E – Done la mia pinaccia è stata catturata da una caravella olandese.
Deciso a rifarmi esco dal porto con La Confiance e dirigo a nord. Non riesco a recuperare la mia nave, ma abbordo un mercantile armato pirata. Il suo comandante, prima di penzolare dall’albero di maestra assieme ai superstiti dell’equipaggio mi minaccia: quella nave apparteneva a Batholomew Roberts, che me la farà pagare.
Rientrato a Mogadiscio con la preda ne riparto velocemente per attaccare i convogli olandesi che mi dicono percorrano la regione.
Ma le cose stranamente non vanno più per il verso giusto: all’improvviso il nemico sembra aver acquisito la capacità di prevedere le mie mosse. I mercantili olandesi sfuggono ai mie agguati. Due volte tento l’intercettazione e due volte, dopo lunghe e vane ricerche, sono costretto a rientrare in porto scornato.
Invio allora il lugger dal governatore di Mayotte, chiedendo il suo aiuto. Nel frattempo, con La Confiance, mi dedico ad un risicato commercio costiero di sete e spezie con i principati mercantili di E - Done e K’Simaio.

La flotta pirata.

Al largo di quest’ultimo principato, durante il viaggio di ritorno a Mogadiscio, mi imbatto in un lugger pirata. Immediatamente dirigo sulla nave nemica, con l’intento di portarmi a distanza di tiro per i cannoni de La Confiance. Il lugger accosta e ben presto, accanto alla prima, avvisto una seconda nave pirata, forse uno sciabecco. Entrambi si allontanano velocemente. Determinato ad affrontarli, spiegate tutte le vele, mi avvento su di loro, i cannonieri e l’equipaggio pronti ed ai propri posti.
E mi trovo di fronte un’intera flotta pirata.
Una corvetta ed almeno otto tra sciabecchi e lugger. Con una sola fregata e malgrado il valore sempre dimostrato dal mio equipaggio, non posso certo pensare di affrontare impunemente una tale potenza di fuoco.
Fortunatamente il nemico naviga verso sud, in una direzione quindi contraria alla mia e quasi controvento. La mia manovra di sganciamento quindi riesce.
Anzi, nell’invertire la rotta, la fiancata di babordo de La Confiance per alcuni minuti si trova rivolta verso il nemico. Dalla mia nave faccio partire allora una bordata, tremenda e precisa, che colpisce in pieno la squadra nemica. Uno dei lugger, centrato, si incendia ed esplode e rapidamente affonda, inghiottito dal mare.
Ma un dubbio mi assilla.
Mi è parso infatti di riconoscere il profilo dell’ammiraglia nemica. Parrebbe la Esteban, la mia vecchia corvetta, catturata da Morgan alla Tortuga.
Che a bordo possa esservi Morgan in persona ?
Vorrei fermarmi in queste acque infide, per raccogliere un eventuale superstite della nave pirata che ho appena affondato, per interrogarlo e scoprire così la verità. Ma la presenza della flotta dei pirati, sanguinari ed ora sicuramente smaniosi di vendetta, rende troppo rischioso continuare ad incrociare in questi mari.
Meditabondo, rientro con La Confiance a Mogadiscio.

L’agente nemico.

Finalmente il lugger è ritornato da Mayotte.
Ha a bordo un agente, inviatomi dal Governatore. L’uomo, del quale stranamente ho dimenticato subito il volto, si è messo immediatamente al mio servizio.
Informato della situazione e chiesta ed ottenuta carta bianca, l’agente scompare nei quartieri del porto. Per riemergerne qualche giorno dopo, con una preda preziosa. Un agente nemico il quale, imbarcatosi sotto falso nome su La Confiance, aveva trovato un ingegnoso sistema per trasmettere informazioni ai suoi complici. Era dunque per questo che il nemico era in grado di prevedere tutte le mie mosse.
Ricompensato generosamente l’agente, consegno la spia al capitano del lugger, che la porterà a Mayotte per l’interrogatorio.
Quanto a me, ho fretta di salpare per una nuova missione. E la fortuna stavolta mi arride. Ben presto avvisto ed abbordo un flauto inglese, il cui equipaggio si arrende, ma soltanto dopo un’accanita difesa. Sulla via del ritorno un brigantino olandese cerca di sottrarmi la preda, ma viene a sua volta catturato.
Giunto a Mogadiscio, trovo una gradita sorpresa. Gli Olandesi hanno tentato un’incursione contro la città, ma sono stati respinti dal forte costiero. Uno dei brigantini che partecipavano all’azione si è incagliato nel porto ed è stato catturato.
La mia flotta, che è in via di ricostituzione, conta ora ben sei navi.
Le notizie riportatemi da Mayotte dal mio lugger invece non sono buone. Il Governatore Generale d’Africa mi accusa di incompetenza o peggio. Negli ambienti coloniali poi addirittura corre la voce che io sia diventato un pirata!

La battaglia di Moroni.

Indignato per queste insinuazioni e ben deciso a porre fine a queste calunnie, mostrando invece a tutti quale sia il mio vero valore, salpo da Mogadiscio, nel cuore della notte, con La Confiance, i due brigantini e la pinaccia, carica di soldati.
Dapprima dirigo verso il largo, simulando un’azione contro i convogli inglesi ed olandesi, ma ben presto dirigo a sud ovest, verso le Comoro.
Alcuni giorni dopo sono davanti a Moroni, che occupo con un’azione notturna, cogliendo di sorpresa i pirati. Consegnato lo stabilimento ai rappresentanti della Spagna, vengo raggiunto dal Soleil Royal, inviato dal governatore di Mayotte.
La presenza di questa nave si rivelerà preziosa alcuni giorni dopo, allorché gli Inglesi sopraggiungono in forze. Quello che segue è uno scontro confuso, che coinvolge navi inglesi, francesi e spagnole. Fatti riparare i due brigantini dietro il Soleil Royal, affianco il galeone nel fornire un fuoco di sbarramento contro le navi inglesi avanzanti. Lo scontro dura a lungo e, pur subendo qualche danno, ancora una volta ho motivo di compiacermi per la velocità e la precisione del tiro mostrata dai miei artiglieri.
Soltanto, verso la fine della battaglia, una salva partita dalle batterie costiere spagnole centra in pieno il mio posto di comando. Fortunatamente riporto soltanto una ferita leggera, ma uno dei miei uomini rimane ucciso. La cosa strana è che in quel momento gli Inglesi erano fuori tiro per i cannoni di terra e che non vi erano navi nemiche tra La Confiance ed il porto spagnolo. Più tardi domanderò spiegazioni alle autorità dell’isola, ma senza ottenerne, gli Spagnoli adducendo a motivo l’impossibilità di distinguere le singole azioni a causa della confusione della battaglia.
Preso da un sospetto, domando notizie sul Governatore Generale spagnolo. Mi rispondono che è in missione diplomatica presso gli Olandesi.
Gli Spagnoli comunque mi ringraziano per il risolutivo intervento. Le voci che recentemente avevano udito sul mio conto, che fossi cioè diventato un feroce pirata non erano evidentemente veritiere.



Ritorno a Mayotte.

Lasciata Moroni, dirigo su Mayotte, dove conto di effettuare le necessarie riparazioni ed incontrarmi con il Governatore. Il mio amico mi accoglie con calore, ma non vi sono grandi novità. Poiché la guerra langue, mi consiglia di dedicarmi al commercio.
Mentre le mie navi stazionano nel bacino di carenaggio mi dirigo ai depositi. La situazione è eccezionalmente favorevole: i magazzini traboccano di merci che i mercanti locali non osano commerciare per paura delle ostilità. Ad Antseranana il prezzo delle merci più richieste ha raggiunto livelli interessanti.

Un lucroso commercio.

Deciso a cogliere la favorevole occasione faccio incetta di caffè, zucchero, spezie, seta, rame e gioielli che carico sulla pinaccia. Salpo quindi per Antseranana con La Confiance ed i due brigantini come scorta. Il viaggio è tranquillo. Giunto in porto vendo le merci, traendone un enorme profitto. Prima di ripartire interrogo le spie sul molo ed in tal modo apprendo che la presenza navale olandese è in netto aumento, mentre quella inglese è sporadica; quasi assenti invece gli Spagnoli ed i pirati.
Rientrato felicemente a Mayotte, ripeto l’operazione. Questa volta imbarco caffè, zucchero, spezie, seta, rame e gioielli nelle stive capaci della pinaccia, caffè, zucchero e rame sui brigantini e preziosi gioielli su La Confiance. Ancora una volta il viaggio è tranquillo ed il profitto colossale.
Rinnovo l’impresa un’altra volta ed un’altra ancora, sempre con enormi profitti, disturbato soltanto da un solitario mercantile armato pirata, che, memore di una precedente esperienza, non inseguo per non lasciare indifesa la pinaccia.
Soltanto al quinto viaggio incontro dei problemi allorché la mia flotta, ancorata di fronte ad Antseranana, viene attaccata da un galeone olandese. Le mie navi rispondono decise al fuoco nemico tuttavia, vedendo sopraggiungere altre unità olandesi, decido di disimpegnarmi. I brigantini si allontanano veloci precedendo la pinaccia, lenta e poco manovrabile. La Confiance, piazzata all’imboccatura del porto, protegge l’evacuazione con tiri rapidi e precisi, subendo però seri danni.

Caccia al pirata.

Rientrato a Mayotte, conferisco con il Governatore circa la nuova presenza militare olandese. Il governatore mi ascolta con attenzione ed a sua volta mi riferisce un’inaspettata notizia, appena giunta dal Madagascar.
Mentre pattugliava il canale del Mozambico, uno dei galeoni di stanza nel Madagascar, l’Astrolabe, si è imbattuta nella nave ammiraglia del pirata Batholomew Roberts. Il capitano dell’Astrolabe ha immediatamente ingaggiato battaglia. La nave nemica, una fregata, è però riuscita a sfuggire grazie alla superiore velocità.
Il governatore ha immediatamente inviato un agente ad avvertire Surcouf della presenza in quelle acque del suo vecchio nemico. Ma occorrerà tempo perché il messaggio raggiunga il valoroso corsaro ed ancora altro tempo perché le nostre navi giungano in zona. Inoltre Batholomew Roberts è fuggito verso sud, ma l’astuto pirata potrebbe anche aver poi invertito la rotta, dirigendosi a nord.
Galvanizzato da questa notizia e ben determinato a fare la mia parte, decido di riprendere immediatamente il mare.
Dal momento che La Confiance è in riparazione, mi imbarco sul Soleil Royal e salpo con quella ed i miei brigantini, diretto verso l’imboccatura nord del canale del Mozambico.
Qui giunti, ci sparpagliamo, il galeone al centro ed i brigantini uno su ciascun lato, ed iniziamo a navigare verso sud, sperando in tal modo di controllare l’intero tratto di mare tra l’Africa ed il Madagascar.
Ancora una volta però la fortuna non ci arride. Instancabili, appollaiate sulle coffe dell’albero di maestra del Soleil Royal, le vedette scrutano il mare, ma nulla compare all’orizzonte. Il famigerato pirata sembra essere scomparso.
Dirigo allora sul principato mercantile di Mozambico, in cerca di notizie. Le spie hanno rilevato una significativa presenza militare inglese, ma nulla su Batholomew Roberts.
Circola anche una notizia curiosa. Nella zona viene segnalata la presenza di una misteriosa nave dalle vele gialle, il cui equipaggio parlerebbe una lingua sconosciuta e porterebbe maschere d’argento. Ma è una notizia che non mi interessa.
Dirigo allora su Mayotte, per recuperare La Confiance.

Un’accusa infamante.

A Mayotte trovo pessime notizie. Durante la mia assenza i commercianti dell’isola si sono lamentati di me con il Governatore Generale d’Africa. Hanno parlato, in particolare, di una mia presunta negligenza nei confronti degli interessi della corona. In sostanza sono stato accusato di aver abbandonato la cura dello stabilimento di Mogadiscio, che mi era stato affidato, per recarmi al sud a fare non si sa bene cosa. Anche la vecchia accusa di connivenza con la pirateria è stata riesumata.
Su consiglio del Governatore, rinuncio a replicare alle accuse infami di questi intriganti, di cui del resto da tempo egli stesso è il quotidiano destinatario.
Decido di accettare il consiglio e salpo con la mia flotta, diretto a Mogadiscio.
Sulla via del ritorno però mi fermerò alle Seychelles e negli altri stabilimenti francesi dell’Oceano Indiano, che dipendono dal Governatore delle Seychelles, per verificare lo stato delle difese.
A Saint Pierre trovo una situazione tremenda. Il forte non è mai stato ricostruito e la guarnigione è ridotta a pochi uomini. Il bacino di carenaggio poi ed il faro sono stati distrutti dalle navi inglesi, che, in assenza di difese adeguate, hanno potuto agire indisturbate. L’Ufficiale comandante mi informa di aver ripetutamente inviato pressanti, disperati, appelli a Desroches, ma senza ricevere alcuna risposta dal suo Governatore.
Ad Alphonse la situazione è appena migliore.
Malgrado la cosa non mi competa affatto, non essendo io il responsabile della difesa di questo settore, decido di intervenire. Provvedo quindi a rinforzare le guarnigioni, portandole al massimo della forza, e piazzo alcune batterie costiere. Ricostruisco il bacino di carenaggio e le torri di avvistamento.
Incassati i calorosi ringraziamenti degli incolpevoli e sicuramente valorosi comandanti salpo di nuovo, diretto stavolta alle Seychelles.

La nave del Governatore.

A Desroches il Governatore rifiuta di discutere con me la questione della difesa delle isole, in quanto di sua esclusiva competenza.
Mi prega invece di assisterlo in una missione della massima importanza, dal cui esito verosimilmente dipendono le fortune della Francia in questa regione. Naturalmente, sia pur perplesso, acconsento. Apprendo così che il mio compito consiste nello scortare la nave personale del Governatore fino a Mayotte.
La nave in questione, un flauto, salpa prima del sorgere del sole. Immediatamente mi accingo ad accompagnarla e dispongo uno schieramento difensivo: brigantini sui due lati, pinaccia di conserva e La Confiance alla retroguardia.
I problemi cominciano subito. Dapprima un brigantino inglese e poi una fregata olandese intersecano la nostra rotta. Allontanatesi le due navi nemiche dopo breve ma intenso cannoneggiamento, è la volta di un mercantile armato pirata che attacca il convoglio. Poiché il nemico non demorde, segnalo alle mie navi di proseguire e, quanto a me impegno la nave pirata in uno scontro accanito, che si conclude solo dopo lunghe ore di battaglia, con l’esplosione della nave nemica.
Faccio quindi rotta per il mare aperto intenzionato a raggiungere il convoglio, che non può essere molto lontano, poiché tutte le navi devono navigare alla ridotta velocità del flauto. Ben presto avvisto una nera nuvola, bassa sull’orizzonte.
Ma non di nuvola si tratta, come apprendo una volta raggiunte le mie navi, bensì delle nere vele di una ventina di navi pirata, ormai prossime a circondare il convoglio.
Deciso ad impedire la cattura della nave del Governatore ed a salvare le mie navi aggiro lo schieramento nemico per poi piombare in mezzo a loro, con tutti i cannoni che incessantemente sparano palle infuocate. La potenza e la precisione del tiro de La Confiance ben presto si fanno sentire ed il nemico allenta la presa.
All’improvviso però ben due navi nemiche si accostano alla mia, malgrado il fuoco incessante dei moschetti e delle colubrine. Quelle canaglie osano abbordarmi! Ma la lotta non dura molto ed i pochi pirati che riescono a salire sul ponte de La Confiance vengono uccisi, fulminati dalle armi da fuoco o da taglio.
Gettati in mare i corpi dei nemici uccisi, sono costretto ad affondare i due trabaccoli catturati ai pirati, in quanto i miei uomini sono stati ridotti di numero dalla battaglia e non posso quindi distaccare un equipaggio di presa. Con i brigantini all’avanguardia e La Confiance in retroguardia la navigazione procede, mentre la flotta pirata ancora ci circonda, snervandoci con continui assalti e pronte ritirate.
Finalmente Mayotte è in vista. Di fronte al Soleil Royal che avanza, uscito dal porto incontro al nemico, i pirati si ritirano. La missione è conclusa.
Più tardi, mentre le mie navi sono a raddobbo nel bacino di carenaggio, interrogo il comandante del flauto ed a poco a poco riesco a carpirgli il segreto della sua missione. La nave è francese, ma il Governatore di Desroches la usa per il proprio commercio personale, in combutta con i mercanti di Mayotte e forse anche con gli Inglesi.
Il denaro impiegato naturalmente è quello che avrebbe dovuto essere impiegato per il potenziamento degli stabilimenti francesi.
Mercante di Spezie
00venerdì 30 settembre 2005 23:08

Pirata!

Disgustato da tanta disonestà, dichiaro allo scagnozzo del Governatore che non intendo essere complice del suo padrone in quello che considero un vero e proprio tradimento nei confronti dei propri sottoposti e degli interessi della corona. Rifiuto pertanto di scortare il flauto sulla rotta del ritorno a Desroches.
Ignorando le isteriche proteste del comandante del flauto, non appena le mie navi sono pronte, salpo per Saint Pierre ed Alphonse, da dove ripartirò per Mogadiscio.
Mentre mi trovo a Saint Pierre, ultima tappa del mio viaggio, mi raggiunge una notizia tremenda. Il Governatore francese d’Africa mi ha dichiarato pirata!
Evidentemente le calunnie dei commercianti di Mayotte, unite probabilmente al risentimento del Governatore di Desroches, hanno raggiunto il loro scopo.
Eppure dietro un’accusa così mostruosa, assurda, infamante deve per forza esserci qualcosa d’altro, oltre all’astio ed all’invidia. Devo scoprirlo.
Al momento però ho problemi più impellenti da risolvere.
La carica di Governatore di Mogadiscio mi è stata naturalmente revocata, come pure il comando de La Confiance e di tutte le altre navi. Non solo, tutti i Governatori, gli ufficiali ed i capitani francesi della regione hanno ricevuto l’ordine di arrestarmi.
Almeno su un punto però posso stare tranquillo. Ho parlato all’equipaggio, esponendo la situazione e tutti sono sdegnati per un’accusa che in definitiva coinvolge anche loro e decisi a seguirmi. I pochi dubbiosi sono stati scaraventati in mare.
L’Ufficiale comandante di Saint Pierre, da parte sua, ha deciso di non essere stato informato per tempo della mia presenza nel porto.



Consiglio di guerra.

A questo punto ritengo opportuno convocare una riunione dei miei capitani, per decidere delle prossime mosse. Nell’incontro emerge l’idea che, poiché la diceria di un mio coinvolgimento nella pirateria ha iniziato a circolare dopo la distruzione dei covi pirata del Madagascar, dietro a tutto questo potrebbe esserci la mano di Batholomew Roberts, deciso a vendicarsi ed eliminare un pericoloso nemico.
L’idea mi sembra sensata. Decido pertanto di indagare nel mondo dei pirati, iniziando con le vicine basi di Aldabra, Cosmoledo e Farquhar.
Le tre basi, alquanto sguarnite di difensori, vengono conquistate di slancio e fruttano anche un discreto bottino, ma nessuna informazione.
Lasciata una piccola guarnigione in ciascuna delle isole, dirigo su Antseranana, dove interrogo le spie, ma ancora una volta senza alcun esito. Le spie tuttavia mi sanno dare una spiegazione per l’esigua presenza di pirati nei tre covi che ho appena occupato. Gli Olandesi stanno organizzando una flotta potente ed offrono lauti ingaggi ai marinai esperti che desiderano arruolarsi.
Ad Antseranana vendo la pinaccia, troppo lenta per il tipo di operazioni che intendo condurre, ora che sono diventato un paria dei mari.
Ho inviato inoltre un messaggio segreto al Governatore di Mayotte, per informarlo degli ultimi sviluppi ed invitarlo a rinforzare le ridotte guarnigioni che ho lasciato ad Aldabra, Cosmoledo e Farquhar. La guerra pare infatti destinata a riprendere ed è necessario scongiurare un ritorno in forze da parte dei pirati.
Dopo di che ridistribuisco l’equipaggio della pinaccia tra le tre navi rimastemi, arruolo complementi, acquisto nuovi cannoni e munizioni e viveri in abbondanza ed infine finalmente salpo per Mogadiscio.

Colpo di mano a Mogadiscio.

La navigazione procede veloce e tranquilla ed alla fine getto l’ancora nel porto della città di cui ero il Governatore. L’accoglienza che ricevo non è però delle migliori.
Uno sconosciuto funzionario, nominato Governatore provvisorio dai rappresentanti della colonia europea, mi ingiunge di andarmene ed al mio rifiuto ordina agli uomini della guarnigione di arrestarmi. Ostentando la massima calma ordino ai miei cannonieri di puntare i pezzi sulla città. L’agitatissimo zerbinotto vorrebbe forse replicare, ordinando alle batterie costiere di puntare le mie navi, ma i miei incursori lo hanno già preceduto, prendendo rapidamente possesso del forte senza colpo ferire. Immediatamente la guarnigione al completo passa dalla mia parte ed in breve la città è nelle mie mani.
Agli uomini concedo di saccheggiare il quartiere europeo. Quanto ai maggiorenti locali, li imprigiono nelle segrete del forte.
Qualche giorno dopo nel porto di Mogadiscio sopraggiungono il flauto ed il lugger, di ritorno dal consueto commercio con il principato di E - Done. I loro equipaggi, informati dei nuovi sviluppi, solidarizzano con i loro colleghi.

La verità, finalmente.

Padrone della città, rapidamente provvedo a rinforzare le difese.
Con le ricchezze accumulate in questi ultimi mesi di commerci e battaglie sarei in grado di costruire molte navi, per difendere il mio dominio in previsione degli attacchi che sicuramente giungeranno dall’Inghilterra o dall’Olanda o dai pirati oppure anche dalla Francia, divenuta ormai nemica.
Oppure potrei salpare subito, per l’India o la Cina per ricominciare e costruire colà il mio nuovo impero commerciale.
Ma l’onore mi impedisce di fuggire lasciando che sul mio nome pesi per sempre un’accusa tanto infamante. Ed inoltre mi hanno raggiunto a Mogadiscio lettere da parte del Governatore di Mayotte e di Surcouf, che non credono alle accuse nei miei confronti e che sono intenzionati ad aiutarmi a dimostrare la mia innocenza.
Ma ci vorrebbe un colpo di fortuna.
E la fortuna arriva. Uscito in mare con La Confiance, avvisto una pinaccia inglese. Dopo averla disalberata, la abbordo, conquistandola dopo un breve scontro. A bordo trovo, assieme al bottino, numerosa corrispondenza, che il capitano inglese non ha fatto in tempo a distruggere. Un dispaccio in particolare attrae la mia attenzione.
Si tratta del rapporto di un agente il quale ha scoperto un piano degli Olandesi per un prossimo attacco agli stabilimenti francesi e spagnoli. Tra le altre cose si parla di creare dissidi tra le due nazioni e di screditare il Governatore di Mogadiscio, che ha dato non pochi fastidi, mediante una falsa accusa di pirateria.
Per questo il governatore olandese di Mtwara ha varato una nave, in tutto e per tutto identica a La Confiance, incaricando il suo comandante di attaccare le navi dei Liberi Mercanti, quelle spagnole e quelle francesi, di incendiare depositi e cannoneggiare i porti, in una parola di darsi alla pirateria!

Vendetta!

Ardendo di collera rientro a Mogadiscio e subito ordino la costruzione, in rapida successione, di una flotta di tre galeoni.
Ben presto le tre navi sono pronte. Affido allora ai capitani di due galeoni ordini segreti, che prevedono la loro presenza in un determinato luogo e momento e dettagliate istruzioni sul compito loro assegnato e sulle mosse successive.
Con il terzo galeone e con La Confiance io salpo per primo, diretto a Mtwara.
In quei lunghi giorni di navigazione la mia collera aumenta. Giunto di fronte a Mtwara attendo con fredda impazienza che la marea ed il vento siano favorevoli e solo nel momento prefissato ordino l’assalto. Con irosa determinazione dirigo il tiro dei miei cannoni contro il forte costiero ed il successivo sbarco delle mie truppe.
La spada in pugno, insensibile alle grida ed alle invocazioni dei civili, guido personalmente l’attacco dei miei uomini, soldati e marinai, nelle strette vie della città, incalzando un nemico al quale la rapidità dell’assalto non consente il tempo per organizzare un’efficace difesa.
Poco dopo sono ai piedi del palazzo del Governatore. Il nemico stremato ci offre la resa, ma invano. Troppo grande ormai è divenuto il mio furore. Troppe le umiliazioni patite perché il mio cuore non reclami una sanguinosa vendetta.
Ordino quindi ai miei uomini di piazzare i cannoni e tirare proiettili infuocati, di modo che ben presto le mura del palazzo rovinano in un inferno di fiamme e di crolli nel quale trovano la morte il Governatore di Mtwara ed i suoi accoliti.
Unitamente anche a molti valorosi soldati olandesi ed innocenti civili, donne e bambini, ed altresì ai documenti che, amaramente mi rendo conto ormai troppo tardi, avrebbero potuto dimostrare la mia innocenza.
Ma questi sono pensieri per il dopo. Oggi, dominato da una furia cieca, incito i miei uomini al massacro, alla distruzione ed al saccheggio.

La battaglia del fiume Ruvuma.

L’alba del giorno dopo si leva su una città in rovina, sulla quale il fumo degli incendi pesantemente ristagna. Rapidamente ho riorganizzato le truppe e provveduto a riparare i danni del combattimento. Dopo di che non mi rimarrà che attendere.
Ed in effetti, verso sera, le bandiere al vento, sopraggiungono vittoriosi i restanti miei due galeoni. Conformemente ai miei ordini hanno assalito di sorpresa Zanzibar e Dar Es Salaam, conquistandole. Entrambi gli stabilimenti sono stati trovati sgombri da navi britanniche, come avevo del resto dedotto dalla lettura della corrispondenza trovata a bordo della pinaccia inglese catturata di fronte a Mogadiscio.
Determinato a non lasciare al nemico il tempo di organizzare un contrattacco, salpo con i tre galeoni e con La Confiance diretto all’obiettivo più ambito e pericoloso. Lo stabilimento britannico di Mbamba Bay, situato all’interno dell’Africa, sul fiume Ruvuma.
Approfittando dell’alta marea e col favore delle tenebre oltrepassiamo la foce del fiume, sfuggendo la vigilanza dei forti costieri. Il calore soffocante ed il rischio di incagliarsi nei numerosi banchi di sabbia, dovuto alla mia volontà di pervenire alla base nemica prima che vi giunga la notizia della nostra presenza e del vittorioso colpo di mano dei miei galeoni, snervano gli equipaggi. Le navi del resto recano ancora i segni del recente combattimento e molti sono i feriti. La mia gente meriterebbe cure e riposo, non un’altra battaglia, eppure è necessario andare avanti.
Alcuni giorni dopo le nostre fatiche vengono premiate: Mbamba Bay è raggiunta e con essa la flotta britannica d’Africa. Gli Inglesi sono presi di sorpresa, evidentemente fidando nella naturale protezione del luogo. Eppure rapidamente le loro navi si organizzano e lo scontro comincia.
Ho disposto i miei tre galeoni affiancati ed ordinato il tiro con palle infuocate: intendo infatti evitare gli abbordaggi, troppo incerti dal momento che io, al contrario degli Inglesi, non posso attingere rinforzi dalla città.
Le navi inglesi formano una massa compatta. Sono fregate, brigantini, lugger, pinacce e flauti in numero di dodici. Lo stretto corso del fiume non consente loro libertà di manovra, di modo che il nemico si ritrova costretto ad uno scontro di artiglierie, nel quale la maggior potenza e portata dei miei galeoni si rivelano vincenti.
Malgrado questo lo scontro si rivela assai duro. Uno dei miei galeoni viene affondato, un altro si incaglia nel letto melmoso del fiume. Abbandonato dall’equipaggio, verrà incendiato dalla temeraria azione di un lugger britannico. Ma la flotta inglese è completamente annichilita. Solo un solitario flauto è riuscito a fuggire.

Dar Es Salaam, Mtwara e Zanzibar.

I giorni successivi trascorrono febbrili. Mentre il galeone superstite è immobilizzato dai necessari lavori di raddobbo, provvedo ad inviare La Confiance nei nuovi stabilimenti conquistati. E’ mia intenzione infatti portare al massimo le guarnigioni di Dar Es Salaam, Mtwara e Zanzibar. Ricostruire e rioccupare i forti costieri. Riparare i fari ed i bacini di carenaggio. Anche Mbamba Bay è destinata a cambiar volto. Diventerà infatti la base dalla quale condurrò le mie prossime azioni. Per questo, oltre a ricostituire il faro, la guarnigione ed il forte, potenzio il bacino di carenaggio.
Con il denaro rimastomi e con quello predato negli stabilimenti inglesi ed olandese inizio la costruzione di altri tre galeoni.
Nel frattempo, rimango in attesa di notizie.

La flotta olandese attacca.

Che ben presto mi giungono numerose.
Approfittando della crisi degli Inglesi, la flotta spagnola ha attaccato Agalega, giungendo ad impadronirsene dopo un duro scontro.
Ma la gioia del Governatore spagnolo delle Comoro è destinata a durare veramente per poco. Giacché ben presto non gli Inglesi, bensì gli Olandesi attaccano, annientando la flotta spagnola di presidio e riconquistano Agalega.
Non paghi, gli Olandesi si impadroniscono anche di Obbia, l’unico stabilimento spagnolo in Africa, situato a nord di Mogadiscio.
Finalmente, una possente armata navale olandese attacca simultaneamente gli stabilimenti spagnoli alle Comoro. Moroni cade dopo tenace difesa ed anche i due rimanenti stabilimenti sono ben presto presi.
Alcune sparute navi spagnole sono riuscite a rifugiarsi a Mayotte con i loro equipaggi decimati ed i loro capitani giurano che continueranno la lotta, ma in questa zona del mondo la Spagna ormai non ha più colonie.
Da parte mia ho spedito il galeone appena riparato dapprima a Mogadiscio, con l’ordine per la pinaccia ed il flauto di raggiungermi a Mbamba Bay, e successivamente ad Obbia, per conquistare quello stabilimento.
L’operazione riesce. La città è presa. La guarnigione ed i forti vengono portati al massimo della forza. Il bacino di carenaggio ed il faro riparati.
Compiuta la missione, il galeone rientra a Mogadiscio, dove si riunisce ai brigantini ed al lugger. Quindi l’intera squadra salpa per Mbamba Bay, dove giunge senza incidenti.
Con le tre nuove navi appena consegnate dal bacino di carenaggio la mia flotta personale allinea ben quattro galeoni, una fregata, due brigantini ed un lugger. Oltre ad una pinaccia ed un flauto. Inoltre l’intera costa Africana, dalla Somalia al Mozambico, è ormai interamente nelle mie mani.
Ora, non mi rimane che attendere.

Un dispaccio dall’Oceano Indiano.

E le notizie non tardano a giungere. Dopo essersi sbarazzati degli Spagnoli ed anticipando probabilmente i loro piani originari gli Olandesi hanno attaccato gli stabilimenti francesi dell’Oceano Indiano.
Alphonse è stata dapprima assalita da una flotta pirata. La guarnigione ha validamente resistito, catturando nel corso della battaglia anche una caravella ed un trabaccolo.
Successivamente però sono sopraggiunti un galeone, due fregate ed un brigantino olandesi. La caravella è stata affondata ed il trabaccolo è fuggito a Zanzibar, recando la notizia dell’attacco. Alphonse è stata alfine presa.
A Saint Pierre un galeone olandese ha affondato i due lugger che difendevano l’isola, che poco dopo è stata ferocemente bombardata e quindi presa d’assalto. La guarnigione ha respinto i primi attacchi ma, a causa dell’impossibilità di ricevere rinforzi dall’Africa o dalle Comoro (nessuna nave infatti è finora riuscita a passare il blocco olandese) i difensori hanno visto man mano scemare la propria forza, le munizioni ed il morale delle truppe ed alla fine sono state costretti alla resa.
Tutt’altra storia invece a Desroches, conquistata velocemente a causa di difese inadeguate e disorganizzata dalla fuga del suo Governatore.
Allorché l’attacco nemico è parso imminente il Governatore infatti è salpato con tre pinacce, dirigendo a sud. Nel corso del viaggio la nave che si trovava in coda al convoglio è stata assalita da una fregata inglese e si è battuta tenacemente, prima di essere affondata, mentre le rimanenti due navi proseguivano la fuga verso Mayotte.
Il Governatore dell’isola ha rifiutato di ricevere il collega.
Né la serie dei rovesci francesi si è arrestata qui. Al largo di E – Done una pinaccia francese è stata affondata da una fregata ed una caravella inglesi. A K’simaio una caravella appartenente ai mercanti di Mayotte è stata catturata dai pirati.
Di fronte ad Antseranana una fregata francese, che aveva catturato due pinacce olandesi, è stata sorpresa ed affondata da due corvette olandesi, che hanno così recuperato le navi catturate. Sempre ad Antseranana è andata perduta anche una caravella, sempre ad opera degli Olandesi.
Notizie negative giungono anche da Rèunion e Mauritius, dove un galeone francese è stato affondato nello scontro con un galeone olandese.
A Mogadiscio il forte è stato distrutto da una corvetta inglese, che successivamente ha potuto impunemente bombardare il bacino di carenaggio ed il faro.
Buone notizie soltanto da Mayotte, dove due navi pirata hanno tentato di bombardare la città. Una delle navi nemiche è stata affondata.
Aldabra e Cosmoledo sono state finora ignorate, mentre a Farquhar la guarnigione ha facilmente respinto gli attaccanti, distruggendo anche un brigantino.



Patti chiari con il re di Francia.

Preoccupato per la piega presa dagli avvenimenti e giustamente temendo di veder presto comparire la flotta olandese di fronte a Mayotte, il Governatore Generale francese d’Africa mi ha contattato, offrendomi pubblica riabilitazione, in cambio di una mia partecipazione alla difesa degli stabilimenti francesi.
Accolgo freddamente il suo inviato, stupendomi che il suo padrone si abbassi a trattare con un pirata. Domando inoltre perché mai dovrei concedergli il mio aiuto quando, signore della costa orientale dell’Africa, potrei limitarmi a difendere il mio dominio oppure vendere le mie conquiste all’Olanda o all’Inghilterra o ad altri.
Di fronte alle sue indignate proteste, lo congedo bruscamente. Alla fine però prevale la lealtà nei confronti dei miei amici, il Governatore di Mayotte, che so determinato a dare la vita per difendere la sua isola, ed il valoroso Surcouf.
Riconvoco quindi il tirapiedi del Governatore ed asciuttamente gli comunico che consegnerò Mogadiscio e le recenti conquiste ed interverrò anche in soccorso della Francia. Ma soltanto a certe condizioni.
La nomina a Governatore del Madagascar per me, le Comoro per il Governatore di Mayotte e gli stabilimenti dell’Oceano Indiano per Surcouf.
L’inviato mi stupisce esibendo un decreto già firmato dal re di Francia e controfirmato dal Governatore Generale d’Africa, nel quale si dichiara l’accoglimento delle mie richieste, che il solerte funzionario provvede immediatamente ad annotare.
Sono di nuovo un corsaro francese.

La battaglia delle isole Comoro.

Poiché la situazione appare piuttosto grave, decido di recarmi immediatamente a Mayotte, per difendere lo stabilimento francese. Lasciata a Mbamba Bay La Confiance ed i due brigantini, salpo per le Comoro con i miei quattro galeoni.
Mayotte è sotto attacco da parte di due corvette ed una fregata olandesi. Il Governatore dell’isola difende bravamente la città, coadiuvato dal Soleil Royal. L’arrivo della mia flotta si rivela decisivo: le navi olandesi vengono spinte sotto costa, intrappolate tra i cannoni del forte e quelli dei miei galeoni. Le corvette vengono affondate, solo la fregata riesce ad allontanarsi, anche se gravemente danneggiata.
Deciso a non dare al nemico il tempo di riprendersi, divido la mia flotta in due squadre da due galeoni ciascuna e le mando a riconquistare i rimanenti due stabilimenti delle isole Comoro. Quanto a me, mi imbarco sul Soleil Royal e con quella sola nave mi reco ad attaccare lo stabilimento di Moroni. Tutte e tre lo operazioni riescono pienamente. Il nemico, appena giunto, non si era ancora organizzato e non si aspettava di essere contrattaccato. I nuovi stabilimenti vengono ben presto apparecchiati per un’efficace difesa, le guarnigioni rinforzate e forti e fari d’avvistamento adeguatamente muniti.
La flotta delle Comoro, formata dai miei quattro galeoni, dal Soleil Royal e dagli altri due galeoni, Astrolabe e Le Cerf, nel frattempo sopraggiunti dal Madagascar si installa invece a Mayotte. In attesa del previsto ritorno in forze degli Olandesi.

L’astuta tattica degli Olandesi.

Che però non giunge. In compenso gravi notizie giungono dalle coste dell’Africa.
Mogadiscio è ancora sotto attacco. Dar Es Salaam, Mtwara e Zanzibar sono costantemente bombardate dalle navi olandesi, che giungono, colpiscono e poi si ritirano, per reiterare l’attacco alcuni giorni od alcune ore dopo.
Nessuno di questi stabilimenti è stato fino ad ora catturato ed il nemico non sbarca, limitandosi al momento a distruggere i forti e le installazioni portuali. Ma i danni sono gravi, non immediatamente riparabili e, sul lungo periodo, insostenibili.
Poco alla volta, grazie ad alcuni avvistamenti ed ai servigi delle spie dislocate nei porti neutrali, emerge la strategia adottata dal nemico. Le navi olandesi compaiono a nord, di fronte ad Obbia, finora inspiegabilmente risparmiata, e successivamente ridiscendono verso sud la costa dell’Africa, bombardando i nostri stabilimenti. Per dirigere di nuovo sulle isole dell’Oceano Indiano, riparare i danni e poi ricominciare.
Questo modo di combattere, che arreca al nemico ben pochi danni, rischia invece di costare molto caro a noi. Evidentemente gli Olandesi contano, una volta ammorbidite a sufficienza le nostre posizioni, di conquistarle tutte insieme con un unico assalto.
Deciso ad impedirlo, salpo per Mtwara a bordo del Soleil Royal e con altri quattro galeoni, i rimanenti due avendoli lasciati a difesa delle isole Comoro.
E’ mia intenzione infatti andare incontro alle navi nemiche, distruggendole una alla volta a mano a mano che le incontro. Questa strategia non si rivela però vincente in quanto le navi nemiche, per lo più veloci fregate e brigantini, avvistano per tempo i miei potenti ma lenti galeoni, fuggendo verso il mare aperto.
Mando allora un messaggio a Mbamba Bay con l’ordine per la Confiance di salpare con la sua scorta, dirigendo dapprima verso l’alto mare, per poi raggiungere di nuovo la costa a Zanzibar e quindi ridiscendere la costa, sospingendo davanti a sé le navi olandesi.
La manovra riesce ma soltanto parzialmente. Troppo lunghe infatti le distanze, troppo vaste le superfici da controllare. Alla fine soltanto una fregata olandese viene affondata dai sopraggiunti galeoni. Le rimanenti navi sfuggono alla caccia, per poi ricomporre la formazione davanti e dietro alla mia flotta avanzante, continuando a colpire gli stabilimenti francesi e facendo danni sempre più gravi.
Ordino allora a La Confiance di raggiungere Mogadiscio, fermandosi in tutti i porti per riparare e rinforzare i forti costieri, mettendoli così in grado di contrastare almeno in parte gli attacchi dei nemici. Ma tempo, denaro e materiali non sono sufficienti: è necessario trovare un’altra soluzione.

Si prepara l’offensiva.

Rientro a Mayotte e provvedo al raddobbo delle navi.
Scrivo quindi a Surcouf, proponendogli un’azione comune contro Agalega e la flotta olandese che, stando ai dispacci degli informatori, staziona numerosa nelle acque intorno al principato mercantile di Antseranana.
Nel frattempo con i miei galeoni mi dedico alla protezione delle Comoro, alla scorta delle pinacce mercantili ed all’intercettazione delle fregate olandesi ma, riguardo a quest’ultimo compito, con scarsa fortuna.
Finalmente giunge la tanto attesa risposta di Surcouf, che acconsente volentieri a partecipare all’azione con due fregate e sei brigantini, la sua ricostituita flotta per la guerra da corsa. Il mio amico ha fissato anche la data dell’azione e la sua flotta è già partita, giusto per evitare che agenti nemici possano notare i preparativi ed intuire il nostro piano. Il tempo è appena sufficiente per apprestare le navi. Il mio amico del resto ben conosce quanto efficiente io possa essere nei momenti cruciali.

La battaglia di Antseranana.

Salpati da Mayotte con tutti e sette i nostri galeoni il Governatore dell’isola ed io velocemente e grazie ad un vento insolitamente favorevole (diavolo d’un corsaro, ma come faceva a saperlo, Surcouf ?) giungiamo ad Antseranana. E là ingaggiamo una prima flotta olandese, al largo del porto. Dopo un breve cannoneggiamento il nemico si ritira sul grosso e la battaglia divampa.
Per la prima volta assisto allo scontro relativamente da lontano, invece che nel folto della mischia, a bordo del Soleil Royal, che cannoneggia con tiri ritmati ed efficaci la linea olandese. Lo scontro è generale. Gli Olandesi schierano almeno quindici navi tra corvette, fregate e brigantini. Dalla mia posizione favorevole assisto al provvidenziale arrivo di Surcouf, che con la sua veloce flotta avvolge il nemico. Anziché resistere l’ammiraglio olandese si ritira, scoprendo però il fianco delle navi ed esponendosi così al tiro preciso dei nostri galeoni. Non meno di cinque navi nemiche vengono affondate ed una corvetta catturata, eppure il grosso della flotta olandese ci sfugge.
A bordo della flotta ancorata nel porto di Antseranana si tiene un consiglio di guerra, dovendosi decidere se attaccare immediatamente Agalega, per non dare al nemico il tempo di riorganizzarsi, oppure rientrare a Mayotte per riparare le navi danneggiate ed evitare di perderle in un successivo combattimento.

Agalega conquistata.

Prevale l’opzione più prudente. La flotta al completo rientra a Mayotte, per i necessari lavori di raddobbo. Terminati i quali le navi possono salpare di nuovo, ancora una volta dirette ad Antseranana. Le due navi Olandesi qui presenti si affrettano ad allontanarsi e quindi la flotta al completo dirige su Agalega.
Ancora una volta gli Olandesi ingaggiano battaglia, per ritirarsi poi dopo poche ore di combattimento e senza che alcuno dei contendenti abbia riportato vantaggi significativi.
Lo stabilimento di Agalega è quindi conquistato dopo breve lotta.
Tuttavia nel corso della battaglia di terra le navi poste alla retroguardia della nostra flotta sono state attaccate all’improvviso da una piccola flotta olandese, che si è affrettata poi ad allontanarsi, una volta seriamente contrastata. Il nemico evidentemente non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua tattica del mordi e fuggi.
Ad Agalega riconquistata e mentre sono in corso i lavori di fortificazione si tiene un secondo consiglio di guerra e vengono in tal modo prese importanti decisioni.

Le flotte si separano.

Il Governatore di Mayotte rientrerà al suo stabilimento con la corvetta catturata e provvederà alla difesa delle isole Comoro e delle coste dell’Africa, con l’aiuto delle mie navi, dislocate a Mbamba Bay e Mogadiscio.
Surcouf incrocerà nelle acque di Antseranana con la sua flotta, per intercettare le navi olandesi provenienti dall’Africa, che si spera già danneggiate dai forti costieri, prima che possano essere riparate dal nemico, e difenderà il Madagascar.
Io, con la flotta dei galeoni, ricevo il grave ed importante compito di riconquistare le isole francesi dell’Oceano Indiano e di far finire la guerra portando l’offensiva fino alle Seychelles ed alle altre colonie britanniche ed olandesi.

La guerra contro gli Olandesi.

La riconquista di Alphonse e Saint Pierre si rivela più facile del previsto. Le isole, da poco conquistate dal nemico, si rivelano debolmente presidiate. Anche le guarnigioni di Aldabra e Farquhar, ancora intatte, si dimostrano d’aiuto, fornendo truppe per la battaglia di terra ed un sicuro approdo per le navi.
La flotta olandese da parte sua non è parsa intenzionata a combattere seriamente per contenderci le isole. Tuttavia l’Olanda non ha certo rinunciato alla lotta.
Navi olandesi precedono e seguono la mia squadra navale, compiendo veloci sortite. Colpendo per poi ritirarsi, assalendo le navi isolate. Veloci e sfuggenti fregate tormentano senza tregua i miei potenti galeoni per poi svanire, inghiottite dall’immensità del mare, dal quale riemergono però improvvise vomitando fiamme, quali draghi furenti.
Eppure la mia flotta continua ad avanzare, mentre dal sud e dall’ovest giungono notizie incoraggianti. Ad Antseranana Surcouf tiene testa al nemico. Alle Comoro un galeone olandese è sbarcato a Moroni, tentandone la riconquista, ma è stato respinto. Due fregate olandesi hanno ripetutamente bombardato gli stabilimenti francesi, ma senza conseguire grossi risultati, validamente contrastate dal tiro delle artiglierie dei forti costieri, che il governatore di Mayotte ha validamente riorganizzato.
Finalmente con i miei galeoni attacco Desroches, che capitola soltanto dopo una vivace resistenza. Mentre riorganizzo lo stabilimento per farne la base per la successiva operazione contro Plate, l’ultimo possesso olandese nell’Oceano Indiano, mi giunge la notizia che il nemico sta attaccando Saint Pierre.
Lasciati tre galeoni a Desroches, con l’ordine di contrastare un’eventuale incursione e di ripiegare sul resto della flotta se seriamente impegnati, con il Soleil Royal e gli altri tre galeoni dirigo su Saint Pierre. Dove piombo su tre navi olandesi, che stavano tentando lo sbarco. Lo scontro è breve. Una corvetta olandese viene affondata, mentre un brigantino ed un lugger si allontanano veloci.
Rientrato a Desroches, raddobbo le mie navi per predisporle per l’imminente, decisiva battaglia. A Plate la guarnigione e le batterie costiere sono al massimo della forza. La flotta olandese di difesa conta sette navi. Lo scontro è serrato e rabbioso. Plate è presa ed una corvetta nemica ed un brigantino affondati. Due pinacce sono state catturate. Ma anche uno dei miei preziosi galeoni è andato perduto ed a bordo dei rimanenti i danni sono ingenti. Tre fregate nemiche sono riuscite a fuggire.
Occupata la città inizio immediatamente i lavori di raddobbo e fortificazione. Nel frattempo invio due navi, scelte tra quelle meno danneggiate, ad occupare la base britannica di Mahe. L’operazione riesce, malgrado un’accanita difesa. Anche una caravella britannica viene catturata, mentre tentava la fuga dall’isola.
Completa questa vittoriosa campagna l’occupazione del covo pirata di Plate, che cede soltanto dopo una disperata difesa. Notevole si rivela il bottino catturato.
Mercante di Spezie
00venerdì 30 settembre 2005 23:20

Vittoria ?

La conquista delle isole dell’Oceano Indiano dovrebbe porre fine alla guerra, sia pur sul lungo periodo. Privi di basi alle quali appoggiarsi per le eventuali riparazioni ed i necessari rifornimenti gli Olandesi ed anche gli Inglesi dovrebbero infine rinunciare alle loro incursioni contro le Comoro e le coste francesi dell’Africa.
Al momento tuttavia così non è.
Le tre fregate olandesi fuggite da Plate sembrano essere scomparse.
Eppure Mogadiscio è stata bombardata da un galeone ed una corvetta olandesi, che hanno completamente raso al suolo il bacino di carenaggio, il faro ed il forte costiero, recentemente ricostruiti. Anche Obbia e Zanzibar sono state colpite.
Ad Antseranana una fregata olandese, La Pierre, ha affondato una pinaccia francese ed il trabaccolo che la scortava.
Anche gli Inglesi si rifanno vivi, bombardando Zanzibar.
A Mtwara una corvetta olandese ha inflitto gravi danni al forte costiero, sia pur subendone essa stessa.
La solita fregata olandese, proveniente da Antseranana, è ricomparsa ad Agalega, affondando un brigantino. Surcouf non può essere dovunque.
Ma la notizia grave è un’altra. Le tre fregate olandesi di Plate sono ricomparse davanti a Dar Es Salaam, assieme ad un galeone, sbarcando dopo un violento bombardamento e prendendo il controllo della città.

Ancora battaglie.

La presenza di una base olandese sulla costa orientale dell’Africa rischia di far fallire la nostra strategia. Logico quindi che mi giunga a Mahe, dove mi trovo per organizzare le difese, l’ordine del Governatore Generale dell’Africa di recarmi a Dar Es Salaam per riconquistarla e successivamente per porre fine alle incursioni olandesi.
Meno logico invece che la flotta francese di stanza a Plate, formata da cinque galeoni, venga affidata all’inetto Governatore di Desroches. Speriamo in bene.
Da Mahe salpo dunque per l’Africa, a bordo del Soleil Royal. Dopo una breve sosta di rifornimento a Desroches e Cosmoledo, giungo infine a Mtwara, dove trovo ad attendermi La Confiance ed i due brigantini, provenienti da Mbamba Bay, ove si erano ancorati al termine della missione a Mogadiscio.
Esamino velocemente i rapporti, dai quali però non si ricava alcuna informazione sicura, troppo grande essendo, in questa fase della guerra, la mobilità del nemico.
Poiché nell’attesa il nemico si rinforza, mi imbarco su La Confiance e, malgrado un vento poco favorevole, giungo a Dar Es Salaam. Invio immediatamente il Soleil Royal ad attaccare la città mentre, con il resto della squadra, incrocio al largo. La mia decisione si rivela alfine giusta. Dar Es Salaam viene rapidamente riconquistata.
Le tre fregate olandesi, velocemente sopraggiunte per un disperato contrattacco, vengono contrastate dalle batterie costiere, ora manovrate dai miei uomini, e dal Soleil Royal ed infine sorprese dall’arrivo de La Confiance e della sua scorta. La vittoria è sofferta ma totale: una fregata nemica è affondata ed una catturata. La terza nave nemica si allontana a fatica, con un incendio a bordo.
Raddobbate le navi ed imbarcati i complementi per gli esausti equipaggi, salpo di nuovo con le mie navi, compresa la fregata catturata.
L’obiettivo è lo stabilimento di Mogadiscio, alla quale giungo dopo aver conquistato il covo pirata di Denis nel quale gli Olandesi, dopo aver scacciato i pirati oppure in combutta con loro, avevano piazzato una nutrita guarnigione.
A Mogadiscio ricostruisco il forte costiero, che porto al massimo della forza, nonché il faro per gli avvistamenti ed il bacino di carenaggio. Decido poi di inviare il Soleil Royal a Mtwara, come guarnigione, ordinando altresì al suo capitano, nel corso del viaggio, di riparare i danni ai forti costieri situati lungo le coste dell’Africa.
Un galeone olandese, molto danneggiato, compare all’improvviso davanti allo stabilimento, ma i tiri precisi de La Confiance e della seconda fregata, prontamente uscite i mare, ne hanno ben presto ragione.
Anche dal sud giungono buone notizie. La fregata olandese sfuggita a Dar Es Salaam è stata affondata dalle batterie di Moroni. Ad Antseranana le navi di Surcouf hanno catturato una solitaria caravella inglese.

Un’imprendibile nave corsara.

La guerra mi sembra a questo punto terminata, con i forti costieri e le navi di guarnigione francesi e la flotta corsara di Surcouf che infliggono gravi danni alle sempre più sparute navi olandesi e britanniche.
Tuttavia manca ancora qualcosa. Esaminando le carte del governatore olandese reperite a Plate ho trovato copia della documentazione distrutta a Mtwara. Apprendo così il nome della fregata olandese il cui capitano era stato incaricato di screditarmi e di far scoppiare la guerra tra la Francia e la Spagna, facendomi passare per pirata.
Si tratta de La Pierre, che nel corso della recente guerra ci ha già inflitto tanti danni.
Poiché quella nave non risulta tra quelle affondate o catturate, decido di occuparmi personalmente della questione.
La presenza di quella nave mi viene dapprima segnalata dagli informatori che ho presso i Liberi Mercanti nelle acque di Mahe. Ritenendo che il corsaro nemico possa essersi diretto ad ovest, esco con La Confiance, l’altra fregata ed i due brigantini, per intercettarlo sulla rotta dell’Africa.
Per massimizzare le probabilità di incontro divido la mia flotta in due squadre, ciascuna composta da una fregata ed un brigantino. Per lunghi giorni non incontro nulla, se non un solitario lugger inglese, che affondo dopo un breve scontro.
Rientrato a Mogadiscio, vi trovo soltanto il brigantino, molto danneggiato. Le due navi hanno effettivamente incontrato il corsaro olandese e lo hanno attaccato ma il nemico, veloce e micidiale, ha prima affondato la fregata e poi colpito il brigantino, sopravvissuto allo scontro soltanto grazie ad una veloce ritirata.
Immediatamente invio il mio lugger, nel frattempo sopraggiunto da Mbamba Bay, a Mayotte per segnalare la presenza del corsaro olandese al Governatore, sperando che gli arrida maggior fortuna nell’intercettazione.
La risposta mi giunge poco dopo ed è negativa.
Il corsaro olandese ha bombardato Mtwara. Quindi, sfuggito al Soleil Royal, è comparso davanti a Zanzibar, bombardandola, ed è poco dopo ricomparso alle Comoro, catturando una pinaccia. Il governatore gli ha inviato contro allora la sua nave personale, una corvetta, ma il suo comandante alla fine è dovuto rientrare in porto senza aver trovato traccia del nemico. Il quale nel frattempo ricompariva davanti a Moroni, affondando un cutter, per poi allontanarsi indisturbato.
Il nemico parrebbe, a questo punto, diretto verso Antseranana, per colpire il traffico mercantile, malgrado la presenza della flotta di Surcouf.
Eppure intuisco che non è così.



Un valoroso nemico.

A Mogadiscio controllo accuratamente lo stato delle difese.
Faccio quindi costruire un piccolo trabaccolo per i collegamenti. I miei due brigantini invece li invio a Zanzibar, con l’incarico di pattugliare le coste dell’Africa, ripiegando però su Mtwara in caso di minaccia. Il lugger lo invio a Desroches, in cerca di informazioni.
Salpo quindi da Mogadiscio, a notte fonda, con solamente La Confiance, la prua rivolta verso Alphonse. E’ là infatti, ritengo, che il nemico ricomparirà.
Ad Alphonse non trovo nulla. Dirigo allora su Saint Pierre, ma nemmeno là trovo alcuna traccia del nemico. Dirigo pertanto su Desroches e finalmente, non appena uscito dal porto di Saint Pierre, intercetto il corsaro olandese.
La sua nave è molto danneggiata, eppure fila velocemente. Lentamente, ma inesorabilmente la distanza tra le nostre navi si riduce. Tiro a mitraglia, con l’intento di ridurre di numero l’equipaggio nemico e poi passare all’abbordaggio. La risposta nemica è devastante. Quella nave ha la potenza di fuoco di un galeone! Il nemico tira per disalberarmi ed io replico, stavolta con proiettili incendiari.
Poi le due navi si accostano ed entrambe lanciano gli uncini. Lo scontro è furibondo. Balzato sulla nave nemica, intravedo appena il suo comandante. Ben presto mi ritrovo a battermi per la sopravvivenza. Lentamente i miei uomini vengono respinti indietro. Per impedire al nemico di conquistare La Confiance ordino di tagliare i rampini e liberare la nave, malgrado qualcuno dei miei uomini sia forse ancora a bordo dell’unità olandese.
Allontanatomi a fatica dalla nave nemica, per farla finita, La Confiance martoriata e l’equipaggio decimato, ordino ai miei cannonieri di procedere al tiro ravvicinato con palle infuocate. Il nemico risponde debolmente e tenta di allontanarsi. All’improvviso la fregata olandese esplode. Colpita a morte dai proiettili de La Confiance o suicida per non cadere nelle mani del nemico ? Non lo saprò mai. L’equipaggio de La Confiance raccoglie quattro naufraghi, ma il comandante nemico non è uno di loro.
Peccato, mi sarebbe piaciuto stringergli la mano.
La Confiance è gravemente danneggiata; gli incendi sono stati spenti ma la nave è quasi in procinto di affondare. Dirigo pertanto su Desroches, per i necessari lavori di raddobbo ed affinché i feriti possano ricevere cure adeguate.
A Desroches ritrovo il mio lugger ed una notizia.

Resa dei conti a Plate.

Una flotta olandese di galeoni e fregate, proveniente dall’Estremo Oriente o forse addirittura dall’Europa, si è impadronita di Mahe.
Da Mahe, vista l’assenza di qualsivoglia reazione da parte dei Francesi, la flotta nemica, formata da una dozzina di unità, si è diretta a Plate ed ha ingaggiato battaglia con le navi francesi, ancorate nel porto dello stabilimento.
Dal Governatore di Desroches, comandante della flotta francese dell’Oceano Indiano, non è giunta finora alcuna notizia.
Preoccupato, terminati in tutta fretta i lavori di raddobbo a bordo de La Confiance ed imbarcati i rinforzi per l’equipaggio, ordino di salpare per Plate.
Ben prima di vedere la battaglia in corso, ne avverto il rumore. Tuonano i cannoni dei forti di Plate e paiono rispondere quelli delle navi dei due schieramenti. Lo schianto secco ed il boato delle esplosioni si avverte di lontano. Lampi e dense volute di fumo. Alte colonne d’acqua. Giunto più vicino, avverto sinistro il sibilo dei proiettili.
La flotta olandese ha ormai circondato i Francesi, i quali rispondono con il tiro dei cannoni del forte e con veloci sortite.
Non visto, durante la notte, a luci spente, scivolando furtivo tra le sparse navi nemiche, giungo nel porto. La situazione che vi trovo è preoccupante.
Nessuna delle navi francesi è ancora andata perduta, ma tutte sono danneggiate ed è impossibile riparare i danni sotto il tiro incessante dei galeoni olandesi. Già le prime fregate nemiche si sono spinte innanzi al porto, tentando ardimentosi abbordaggi.
E’ necessario tentare una sortita, al più presto, prima che il nemico riesca a bloccarci o addirittura riceva ulteriori rinforzi.

Ritirata.

I comandanti dei cinque galeoni e della caravella sono d’accordo con me. Al pari dei loro equipaggi si rendono conto che, rinchiusi nell’illusoria sicurezza del porto, ben presto non avranno più scampo alcuno.
Per completare lo spiegamento della flotta mancano ancora all’appello le due pinacce catturate agli Olandesi. Mi spiegano, imbarazzati, che, ritenendo terminata la campagna militare, il governatore di Desroches le ha vendute ai Liberi Mercanti!
Poche ore dopo, in doppia fila, tentiamo una sortita. I soldati ed i cannonieri dei forti sono stati imbarcati sulla caravella o hanno rinforzato gli equipaggi.
Della sorte del Governatore di Desroches nessuno si è curato.
La sortita si trasforma ben presto in una battaglia notturna. La caravella, lenta e poco manovrabile scompare per prima, forse catturata. A luci spente, a bordo de La Confiance, guido la flotta verso la salvezza di Desroches. Il silenzio notturno è rotto da improvvisi, violenti, scambi di colpi, seguiti da un irreale silenzio. Un galeone, centrato, esplode e si inabissa. Seguito ben presto da un altro. Gli olandesi paiono fantasmi. Sono ovunque ed in nessun luogo. Tutte le nostre navi vengono colpite.
Ignoriamo quali siano state le perdite nemiche.
Giunti a Desroches ci rendiamo conto che nemmeno questo stabilimento potrà essere tenuto a lungo. I tre galeoni superstiti sono tutti danneggiati e già nelle acque dell’isola giungono fameliche le fregate nemiche. Dal loro numero deduciamo che il nemico deve aver già ricevuto consistenti rinforzi.
Riparati febbrilmente i danni più urgenti, ordino ai galeoni di navigare in ordine sparso verso Mogadiscio, dove io mi recherò al più presto per predisporre la difesa.
Invio il lugger a Mayotte, con la richiesta per il suo Governatore di informare Surcouf ed organizzare insieme una flotta di soccorso.

Ritorno a Mogadiscio.

Il viaggio di ritorno a Mogadiscio si svolge in un’atmosfera irreale. Dopo la furia della battaglia di Plate questa calma ci snerva. A bordo l’equipaggio è silenzioso, ma tutti si preparano all’azione. Il vento tiene. Nessuna nave in vista.
Giunti di fronte a Mogadiscio, la troviamo sotto attacco. Due fregate olandesi bombardano il forte, che replica a sua volta con un tiro vivace e preciso.
Il nemico, lo sguardo rivolto versa terra, pare non essersi ancora accorto del nostro arrivo. Freddamente, ordino l’attacco. L’equipaggio è già pronto, ciascuno al proprio posto. La sorpresa è completa e ben presto le due navi olandesi esplodono in fiamme.
Sceso a terra con i miei marinai e soldati disperdo una banda di Olandesi, sbarcati dalle due fregate, che tentava di impadronirsi del forte dal lato di terra.
Poco dopo sono nel mio ufficio, all’interno del forte. La popolazione ha acclamato il nostro ritorno vittorioso, ma la situazione resta grave. Ordino di riparare i danni e raddobbare al più presto La Confiance.
I fatti dimostrano quanto giustificata fosse la mia urgenza. Le vedette dei fari avvistano infatti due malridotti galeoni francesi diretti a Mogadiscio, tallonati da tre fregate olandesi. Immediatamente salpo con La Confiance, la prua rivolta al nemico.
Mentre sopraggiungo veloce sul luogo dello scontro vedo esplodere e lentamente inabissarsi uno dei galeoni francesi. Deciso a vendicarlo, aggiro lo schieramento olandese ed inizio il tiro con palle infuocate. La battaglia è breve, ma brutale. Malgrado l’inferiorità in uomini e cannoni il nemico non si ritira. Prese tra il Soleil Royal ed il tiro preciso de La Confiance le tre fregate olandesi, già gravemente danneggiate da giorni di scontri ininterrotti, vengono attaccate ed affondate una dopo l’altra.
Rientro in porto con La Confiance ed il Soleil Royal. Il galeone reca i segni di una dura battaglia ed ha l’equipaggio esausto e decimato. Anche La Confiance, malgrado l’esito vittorioso dello scontro, ha a bordo numerosi morti e feriti.
Mentre le navi vengono raddobbate, conferisco con il comandante del Soleil Royal, che mi riferisce della perdita dell’Astrolabe, l’ultimo galeone rimastoci.
E’ un duro colpo, ma in fondo me l’aspettavo. Nei giorni successivi tutti quanti: marinai, soldati, ufficiali e cittadini lavorano febbrilmente per riparare le navi ed apparecchiare la difesa. In attesa di un nuovo, più duro attacco. Dai possedimenti francesi del sud sono giunte nel frattempo notizie incoraggianti.
Il Governatore di Mayotte si trova nello stabilimento di Mtwara, intento a radunare una flotta di soccorso. Surcouf da parte sua, con le sue fregate ed i veloci brigantini, è giunto a Saint Pierre, strappandola al nemico che l’aveva occupata, dopo aver sostenuto un duro scontro con una squadra navale olandese.
Entrambi però sono ancora lontani e nel frattempo il destino dello stabilimento di cui sono il Governatore avanza inesorabile. La Confiance, inviata in ricognizione, ha avvistato la flotta olandese: sei galeoni e due fregate. Saranno a Mogadiscio in poche ore.
Ordino al comandante del Soleil Royal di sbarcare il grosso dell’equipaggio ed i cannoni e quindi di salpare per Mtwara, con una ciurma ridotta. Contro otto navi nemiche le nostre due non avrebbero speranze ed è meglio quindi che egli si rechi a sud per unirsi alla flotta di soccorso del governatore di Mayotte.
Da parte mia ho intenzione di resistere a Mogadiscio, con la guarnigione del forte e con l’aiuto dei cannoni e dell’equipaggio del Soleil Royal e de La Confiance.

L’ultima battaglia.

L’indomani, in un luminoso mattino, dall’alto dei bastioni del forte, assisto all’arrivo della flotta olandese. Mentre le due fregate si dispongono al largo, per sorvegliare la costa e prevenire eventuali sortite da parte delle navi francesi, lentamente, i sei galeoni emergono dalla foschia ed iniziano il bombardamento del forte.
La prima bordata scuote le pietre della fortezza. Ma i miei artiglieri rispondono colpo su colpo. Oltre ai cannoni del forte dispongo anche di quelli de La Confiance e del Soleil Royal, accortamente nascosti lungo la riva. Ben presto a bordo dei galeoni vedo vele afflosciarsi e scoppiare incendi ed un convulso agitarsi di uomini.
Per due giorni il nemico cannoneggia il forte costiero. Alcuni bastioni rovinano in mare, cannoni vengono divelti e molti uomini uccisi e feriti. Pure, le brecce vengono colmate con cesti di terra ed un galeone olandese, centrato da una salva precisa, ormai non spara più ed è stato rimorchiato al largo, avvolto dal fumo degli incendi.
Il terzo giorno gli Olandesi sbarcano.
Un primo gruppo penetra nel porto e tenta di impadronirsi di slancio del forte, ma viene respinto. Un secondo gruppo, più numeroso, prende terra a sud della città e subito si inoltra nell’abitato. I moschettieri, appostati negli stretti vicoli della città vecchia si ritirano velocemente combattendo, arretrando, talvolta avanzando per sorprendere gli attaccanti con improvvise bordate. Alcuni cannoni, caricati a mitraglia, scompaginano per un attimo il nemico consentendo ai superstiti di rifugiarsi nel forte.
Nel porto La Confiance brucia. Ancorata in un punto riparato, la nave è sopravvissuta al bombardamento olandese. Ma ora, priva com’è di uomini e cannoni, non potrebbe uscire dal porto ed affrontare il nemico in un’impari lotta. Obbedendo ai miei ordini, un ufficiale coraggioso ha acceso la miccia e predisposto l’esplosione non appena la squadra d’abbordaggio olandese è salita a bordo per prenderne possesso.
Dall’alto dei bastioni del forte il tiro dei moschetti e di alcuni cannoni, prontamente rivolti verso terra, si abbatte sulle schiere nemiche che, falcidiate, arretrano per tornare però nuovamente all’assalto, non appena ricevuti nuovi rinforzi.
La bandiera francese sventola ancora sul forte di Mogadiscio.
L’attacco olandese, condotto da centinaia di soldati e marinai, contemporaneamente dal lato del porto e dal mare si infrange sanguinosamente sulle nostre difese. Ovunque sono morte e distruzione. Ed ecco che una piccola, ardimentosa, schiera nemica all’improvviso compare sui nostri bastioni, dal lato di terra, dove si è evidentemente inerpicata, non vista da alcuno, nel corso della mischia.



Golconda.

Dobbiamo contrattaccare.
Mentre il fumo degli incendi pervade l’aria, raduno attorno a me alcuni uomini, stremati e valorosi superstiti dell’equipaggio de La Confiance e della guarnigione.
Insieme, gridando, affratellati dalla lotta, ci slanciamo sul nemico, in una carica coraggiosa e disperata. La spada in pugno, irrompo tra le file olandesi.
Ovunque sono rantoli di morte e grida selvagge.
Dopo un’ultima scarica selvaggia, all’improvviso il nemico fugge.
Vittoria, ma per quanto ?
Il mio mantello di corsaro è lacerato in più punti e macchiato di sangue. Forse è il mio, ancora non avverto dolore.
Un marinaio, accanto a me, sostiene un compagno ferito. Giratomi per aiutarli li vedo stramazzare entrambi, centrati da un colpo di moschetto, mentre dal lato opposto dei bastioni, sorgono ancora nuovi nemici. In un lampeggiare di sciabole e crepitar di moschetti la nostra linea si disintegra.
Dobbiamo respingerli.
Dobbiamo riconquistare i bastioni.
Dobbiamo resistere.
La flotta del Governatore di Mayotte deve essere già salpata ed ormai non può essere molto lontana. Ben presto egli e Surcouf giungeranno, distruggendo la flotta nemica e liberando alfine la nostra città.
Il nemico ormai dilaga sugli spalti, mentre i miei uomini sono pochi e dispersi. La bandiera è caduta. Anche il cielo sembra essersi fatto più scuro.
Dobbiamo resistere.
Schivo un colpo di sciabola e rispondo con un affondo.
Dobbiamo resistere.
Lentamente, veniamo sospinti verso il cortile interno.
Dobbiamo resistere.
Dobbiamo …

Epilogo.

Aggiungo queste poche parole al libro di bordo del nostro comandante.
Oggi gli Olandesi hanno conquistato Mogadiscio.
Quando il nemico si è arrampicato sui bastioni ed è cominciata la battaglia eravamo in tre, nella batteria che dava sul mare.
Roland voleva scappare via, mentre Paul diceva che dovevamo andare su e combattere. Io ero indeciso. Poi però abbiamo visto la bandiera che cadeva ed allora abbiamo deciso di andare.
Ma prima abbiamo gettato il cannone giù in mare, così non ce l’avranno loro, quei maledetti senzadio.
Siamo usciti dal forte da una porta che stava nel cortile. Dall’altra parte del muro non c’era nessuno, per fortuna.
Poi abbiamo attraversato di corsa il quartiere europeo. Alle finestre molte case avevano la bandiera bianca ed alcuni anche quella dell’Olanda, quei bastardi.
Andavamo veloci ma alcuni di loro me li ricordo e quando torniamo glieli dico i nomi di quelli con la bandiera olandese, agli ufficiali.
Mentre andavamo abbiamo incontrato altri cinque dei nostri che portavano il nostromo de La Confiance, che era ferito e perdeva sangue. Il nostromo ci ha detto di seguirlo e noi l’abbiamo seguito e così eravamo in nove.
Abbiamo attraversato la città degli indigeni ed i negri si facevano gli affari loro, come se non ci fosse stata la guerra e magari avevano pure ragione.
Tanto per loro cosa cambia ?
Poi siamo arrivati ad un deposito e ci hanno fatto entrare. Nel magazzino c’era uno sciabecco, pronto a prendere il mare, con le provviste e tutto.
Ho chiesto al nostromo come mai e lui ha risposto che, prima della battaglia, il comandante aveva detto a tutti gli ufficiali che se il forte cadeva dovevano andare tutti là con gli uomini che gli erano rimasti, aspettare la notte e poi salpare, senza aspettare nessuno, per andare a Dar Es Salaam.
E così abbiamo fatto e siamo partiti in dodici perché poco dopo ne sono arrivati altri quattro, tra cui un timoniere.
Il nostromo però ha dovuto rimanere a Mogadiscio. Perché il medico ha detto che non può viaggiare, altrimenti forse muore e noi non lo vogliamo, anche se una volta ha fatto frustare Roland, che però se lo meritava.
Il vento è buono e navighiamo sotto costa. La lanterna è spenta, così gli Olandesi non ci vedono e se ci vedono siamo d’accordo che si va tutti a terra.
Abbiamo sei cannoni, ma siamo troppo in pochi per usarli e poi siamo tutti stanchi e metà feriti e non si può combattere sempre. Però tra un po’ torniamo a Mogadiscio con le navi e magari è prima di quanto quelli là non pensano.
Ho chiesto agli altri se avevano notizie del nostro comandante. Nessuno lo sapeva ed Henrique pensa che sia morto.
Ma uno del Soleil Royal, che stava col timoniere, ha detto di averlo visto nel cortile interno, che andava verso il suo comando. Sembrava ferito a un braccio, ma aveva la pistola e pure la sciabola ce l’aveva in mano.
Paul allora ha detto che andava verso un passaggio segreto. Roland gli ha risposto che nel forte non c’erano passaggi segreti, ma Paul gli ha detto che se c’era un passaggio segreto di sicuro a lui non glielo dicevano, perché poi lo raccontava subito.
Io penso che il comandante era tipo da pensare ad un passaggio segreto, che lo portasse fuori del forte, in barba agli Olandesi.
Ma allora Roland ha detto che se il passaggio segreto c’era, allora il comandante doveva essere con noi al magazzino e Paul non sapeva cosa dire.
Forse il comandante aveva un’altra nave e ce l’ho detto agli altri. O magari si è fermato a Mogadiscio a preparare qualche sorpresa agli Olandesi.
Oppure è già arrivato a Dar Es Salaam e quando arriviamo lo troviamo là con una nuova nave e nuovi uomini. Lui pronto a guidarci e noi pronti a seguirlo.
Vorrei essere sicuro che è così.
Il vento gonfia la vela ed intorno a noi è la notte e profumo di mare.
Rurik Forgiaferro
00mercoledì 1 febbraio 2006 20:14
Questo racconto dovrebbe essere incorniciato.

Complimenti in particolare per le immagini. (tratte da master & commander giusto??)

[SM=x329190]
Xelaehtgre
00mercoledì 1 febbraio 2006 23:09
Re:

Scritto da: Rurik Forgiaferro 01/02/2006 20.14
Questo racconto dovrebbe essere incorniciato.

Complimenti in particolare per le immagini. (tratte da master & commander giusto??)

[SM=x329190]



Non posso che quotare in pieno il pensiero di Rurik Forgiaferro. [SM=x329170]

Purtroppo sono stato così preso da altre cose che non mi ero ancora accorto di questo bellissimo racconto. Il nostro Mercante di Spezie é veramente bravo! [SM=x329190]

Grazie a Rurik per avermi fatto trovare questa perla.
Grazie a Mercante di Spezie per averla scritta.

[SM=x329166]
Rurik Forgiaferro
00venerdì 3 febbraio 2006 22:54
Re: Re:

Scritto da: Xelaehtgre 01/02/2006 23.09




Grazie a Rurik per avermi fatto trovare questa perla.

[SM=x329166]



Bè allora controlla bene nei prossimi giorni negli AAR perchè c'è in programma qualche racconto interessante e leggero da leggere e gustare. [SM=x329164]
Mercante di Spezie
00lunedì 6 febbraio 2006 17:03

Grazie Rurik Forgiaferro e Xelaehtgre.

I Vostri complimenti, non lo nascondo, mi fanno molto piacere.

Effettivamente, le immagini vengono dall’ottimo Master & Commander.

Allo stato attuale ho appena iniziato a scrivere un nuovo AAR, destinato a raccontare la mia campagna a Patrician III.

Il titolo provvisorio è: Il Mercante di Brema.

Il tempo tuttavia, come ben sappiamo tutti quanti, è sempre troppo poco e quindi, al momento, non sono in grado di fare alcuna previsione circa il giorno in cui potrò procedere con la pubblicazione.
Rurik Forgiaferro
00lunedì 6 febbraio 2006 21:17
Non preoccuparti Caro mercante di spezie, prenditi purè il tempo che ti serve perchè come ogni buon cantore sà non bisogna affrettare la stesura di un racconto.

Nel frattempo goditi la 2° parte dell'ASSEDIO DI GRONINGEN. [SM=x329200]

Aaaa dimenticavo... questa è per l'opera che hai fatto [SM=x329190]

Complimenti!.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:31.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com