ANTONIO PADELLARO: DICIAMOCI TUTTO

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INES TABUSSO
00sabato 5 agosto 2006 19:12



"...il piccolo miracolo di questo giornale è stato quello di far convivere sulle stesse pagine, gli uni accanto agli altri, autori e talenti provenienti da culture politiche diverse (riformiste, postcomuniste, liberaldemocratiche), purché unite dalla stessa avversione verso quel regime e dagli stessi valori di pace, giustizia sociale, difesa della legalità".




L'UNITA'
5 agosto 2006
Diciamoci tutto
Antonio Padellaro

Domenica scorsa sono stato inseguito da un nugolo di colleghi di altre testate (anche tv) desiderosi di conoscere le mie reazioni in merito al Beriatravaglio, la pagina satirica di Staino apparsa quella mattina sull´Unità ma già famosissima. Le domande si accavallavano drammatiche. Cosa intendevo fare? Avrei licenziato Staino? Avrei licenziato Travaglio? Avrei licenziato entrambi? Qualcuno si spingeva a chiedermi se, considerata la gravità dell´accaduto, non ritenessi opportuno rassegnare le dimissioni. L´indomani e nei giorni seguenti sono piovuti, sotto forma di sms e lettere, i fulmini di numerosi lettori. La maggior parte ce l´aveva con Staino. La minor parte con Travaglio. Ma tutti erano imbufaliti con il direttore dell´Unità in quanto, per l´appunto, diretto responsabile di quel finimondo. Non inganni il tono leggero di queste righe: da parte mia non c´è nessuna sottovalutazione dell´accaduto. Ma avendo il tutto avuto origine dalla satira, ed essendo come è noto la satira un genere che si occupa con ironia di cose serie, ho preferito cominciare dall´ironia. Per passare alle cose serie direi che alla luce di quanto ho letto e ascoltato in questa movimentata settimana il direttore dell´Unità ha (almeno) due problemi da affrontare. Con le firme dell´Unità. E con i lettori dell´Unità.

Cominciamo dalla parte, per così dire, più semplice: Staino e Travaglio. L´altro giorno, un maestro di giornalismo con cui ho lavorato a lungo, e a cui voglio bene, mi ha rimproverato (questa volta seriamente) di aver lasciato troppa briglia sciolta ai due e di non aver impedito che il giornale diventasse un´arena in cui tutti potevano dirsi di tutto. Insomma, cosa mi era saltato in mente? Nei giornali seri (di nuovo quell´aggettivo) i panni sporchi si lavano in famiglia (non ha detto proprio così ma avrei giurato che lo pensava). Avrei voluto replicare (ma temevo di offenderlo) che l´Unità, forse, non era quel giornale serio che lui intendeva; ma che era sicuramente un giornale libero che non censura idee e opinioni, anche quando fanno male.

Un´affermazione impegnativa questa che richiede una spiegazione.

Quando, quasi sei anni fa, Furio Colombo ed io entrammo nelle stanze di questa gloriosa testata ci demmo una sola semplice linea editoriale, condivisa con la proprietà e dai colleghi: tutte le notizie che è giusto pubblicare. Non era per scimmiottare il «New York Times» che quel principio ha inciso sotto la testata («All the News That´s Fit to Print»). Era per assoluta, indispensabile necessità. Dovevamo da un giorno all´altro rimettere in piedi un giornale rimasto chiuso per nove lunghi mesi (e che i più davano ormai per morto e sepolto). Avevamo bisogno del massimo di energia e di credibilità, per trovare (e ritrovare) i nostri lettori. Dovevamo tener fede alla nostre credenziali: un giornale di opposizione intransigente al governo Berlusconi che di lì a pochi giorni si sarebbe preso tutto il potere prendibile (non ripeterò quanto Furio ha scritto, ieri mattina, a proposito dell´attacco concentrico cui siamo stati sottoposti con il proposito di annientarci). Dato il clima intimidatorio che stava rapidamente avvolgendo il mondo dell´informazione, temevamo di dovere affrontare tutto questo in perfetta solitudine. E invece, con nostra sorpresa, fummo sommersi di affetto e di articoli. Le più prestigiose firme dell´opposizione correvano in soccorso del giornale fondato da Antonio Gramsci. In cambio, l´Unità s´impegnava a difendere, con essi, quel principio di cui sopra: tutte le notizie, e tutte le opinioni, che è giusto siano pubblicate. Così in questi anni è sempre stato.

Firme dell´opposizione ho scritto, e quindi non soltanto le firme del giornalismo di sinistra che avevano nell´Unità il loro naturale approdo. Sì perché il piccolo miracolo di questo giornale è stato quello di far convivere sulle stesse pagine, gli uni accanto agli altri, autori e talenti provenienti da culture politiche diverse (riformiste, postcomuniste, liberaldemocratiche), purché unite dalla stessa avversione verso quel regime e dagli stessi valori di pace, giustizia sociale, difesa della legalità. Senza fare torto ai tanti amici che tanto hanno dato al nostro giornale, Sergio e Marco rappresentano bene questa unità nella diversità (passatemi il politichese). Uno che per tutta la vita ha mangiato politica e passione alle feste dell´Unità. L´altro, cresciuto alla scuola di Indro Montanelli, grande giornalista anticomunista, liberale ma che a un certo punto della sua vita la sinistra si è ritrovata accanto in nome di quei comuni valori, senza chiedersi da dove veniva.

No, in quello che scrivo non c´è nessuna consolazione buonista ma solo del sano realismo. Non è certo la prima volta che sulle pagine dell´Unità si svolgono delle discussioni per così dire accese. Ci siamo già dimenticati dei duelli furiosi tra la cosiddetta sinistra riformista e la cosiddetta sinistra radicale in disaccordo su tutto, da Israele ai cortei sull´abolizione dell´articolo 18? E le accuse reciproche di tradimento? E le porte sbattute in faccia? Quante ne abbiamo viste: eppure siamo ancora qui ad accapigliarci sull´uccellaccio che importuna Bobo. Certo, anche altrove, sui giornali «seri», ben pettinati e ordinati che dovremmo prendere ad esempio di virtù, tutto questo succede eccome. Nelle redazioni dei giornali, che non sono conventi delle Orsoline (se lo fossero sarebbe un bel guaio), gli scazzi sono all´ordine del giorno. La differenza con noi è che ai loro lettori non glielo racconta nessuno.

Ammettiamolo però: ora che il collante di Berlusconi al governo non c´è più a tenere insieme l´opposizione, ora che l´opposizione è diventata governo, tutto può diventare più difficile. Il travaglio (interiore) di Bobo, l´angoscioso dubbio sul non sentirsi più di sinistra, preso com´è a sospettare inciuci dappertutto, ha un´altra faccia della medaglia. Quella dei lettori di sinistra scandalizzati dalla sinistra d´accordo con Forza Italia sull´indulto: quello dei poveri cristi e quello dei furbetti. Non illudiamoci: stare al governo comporta il rischio della disunione perché il decidere comporta sempre una quota d´impopolarità. Ma questo è un problema dei partiti dell´Unione. Noi come Unità abbiamo un altro compito: difendere il non piccolo spazio di libertà che ci siamo conquistati, giornalisti e lettori. Diciamoci tutto. Ma con rispetto. Senza questioni personali. Con un pizzico d´ironia (possibilmente) Sergio e Marco, io vorrei tenermeli tutti e due, ci ha scritto un lettore. Ecco.








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