ANDREOTTI A REGINA COELI

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INES TABUSSO
00sabato 3 giugno 2006 15:20


www.giustizia.it
2 giugno 2006
60° ANNIVERSARIO DELLA REPUBBLICA: CELEBRAZIONE A REGINA COELI
"L'uomo europeo deve accettare le esperienze degli altri, deve imparare a
vivere in una comunità più grande dove saprà difendere la propria ma anche
l'altrui libertà": sono parole di Alcide de Gasperi per un'idea più ampia
di Patria. Brani delle sue lettere di prigioniero politico sono lette nel
corso della manifestazione per i detenuti, molti dei quali sono stranieri
e per gli ospiti. Partecipa la figlia dello statista, Maria Romana De Gasperi,
il senatore Giulio Andreotti, il sottosegretario Luigi Manconi, Emilio di
Somma e Mauro Mariani per l'amministrazione penitenziaria.




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CORRIERE DELLA SERA
3 giugno 2006
La visita di Andreotti con la figlia di De Gasperi per la Festa della Repubblica. «Serve un provvedimento di clemenza»
«Giulio-Giulio». Il coro dei detenuti di Regina Coeli
Dino Martirano


ROMA — «Giulio/Giulio/Giulio/... ». Quando si alza dal tavolo riservato alle autorità, il senatore a vita Giulio Andreotti è investito da un breve ma potente coro da stadio scandito dai detenuti riuniti nella gelida rotonda di Regina Coeli per celebrare il 60˚anniversario della Repubblica. «Daje Giulio! Forza Roma Sempre», urla ma con rispetto un carcerato con la canottiera nera e i tatuaggi sul braccio che poi porge al sette volte presidente del Consiglio il «Dizionario di democrazia» di Carlo Azeglio Ciampi: «Senato', un autografo per favore». E lui, che davanti al «Forza Roma» sorride compiaciuto, non si sottrae. E poi si lascia circondare da questa umanità dolente ma comunque deferente davanti agli abiti blu del ministro, del sottosegretario e dei capi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

La Festa del 2 giugno a Regina Coeli inizia con il coro dei detenuti che canta l'inno di Mameli meglio dei calciatori azzurri. L'organizzazione della cerimonia repubblicana voluta da Emilio Di Somma, vice capo del Dap, ruota intorno alla figura di Alcide De Gasperi che tra queste mura fu spedito da un tribunale fascista nel 1927 con la matricola 9777 e la branda nella La figlia di De Gasperi con Andreotti. Sotto: De Gasperi a Regina Coeli nel 1927 cella 753 del III Raggio. Così il senatore Andreotti, testimonial di un concorso letterario per i detenuti insieme con la figlia dello statista, Maria Romana De Gasperi, diventa subito il beniamino della rotonda quando pronuncia le due parole magiche: «Amnistia e indulto».
A quel punto la parte destra dell'emiciclo, quella separata dal settore ospiti da un cordone discreto di agenti penitenziari, si spella le mani («Bravo Giulio», «Sei forte») ma il senatore fa subito cenno con le mani di raffreddare tanto entusiasmo: «Io applaudirei solo quando il Parlamento avrà varato il provvedimento, non prima».

Andreotti — che è affiancato dalla signora De Gasperi, dal Guardasigilli Clemente Mastella («Quando mi hanno offerto la Giustizia ho chiesto consiglio a Giulio e lui mi ha detto: "Vai"») e dal sottosegretario Luigi Manconi — non sembra a disagio davanti ai detenuti che lo sfiorano, che si alzano in piedi per battere le mani ogni volta che viene pronunciato il suo nome. E lui, che di storia ne ha masticata tanta, inizia da lontano: «L'amnistia più incredibile, un vero atto di coraggio, fu quella di Togliatti. Pensate, erano inclusi un po' tutti i reati tranne le sevizie particolarmente efferate, il che voleva dire che le sevizie così così rientravano nel condono». Risate, altri battimani che rimbombano su per i raggi.

Andreotti, che ha visto da vicino il tribunale e la corte d'Assise, davanti a chi è finito dentro per ordine di un giudice si toglie un sassolino dalla scarpa. Sempre lo stesso dopo la conclusione, a suo favore, dei processi che lo hanno visto imputato a Palermo e a Perugia: «I magistrati? Credevo che fossero dei sacerdoti civili anche se poi tra i sacerdoti c'è sempre chi esce dal seminato». E qui l'applauso dei detenuti è prolungato e non disinteressato.

«Non voglio attaccarvi un bottone», si scusa il senatore che però sa toccare le corde giuste: «Non ci sono buoni e cattivi, non ci si divide per concorso, ecco perché abbiamo bisogno di un provvedimento di clemenza. Un tempo, si fiutava l'aria dell'amnistia quando una principessina era al terzo mese di gravidanza. Oggi, invece, è tutto più difficile: bisogna superare i condizionamenti dell'opinione pubblica e affrontare il problema della potenza della televisione: se parlo al Senato nessuno se ne accorge, se vado a Porta a Porta poi tutti mi chiamano e lo stesso vale per le notizie di cronaca nera che tutte le sere entrano nelle nostre case».

Per varare l'amnistia e l'indulto, il senatore a vita cita ai detenuti, apparentemente rapiti davanti all'uomo che per loro ancora incarna il potere, De Gasperi, Togliatti, La Pira e Dossetti: «Quando scrivevano la Costituzione, ogni articolo era il frutto di un intenso lavoro comune pur nelle profonde diversità che c'erano tra i partiti. Ecco, dobbiamo tornare a dialogare, a quello spirito di 60 anni fa che ci ha regalato la Costituzione: un punto fermo che non va toccato. Dopo 60 anni io, anche se a qualcuno potrà dispiacere, sono ancora qua a sostenerlo».
E qui scatta l'ennesimo applauso dei detenuti che sembra il più sincero.


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