«SONO IO VITTIMA DI PERSECUZIONI»

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INES TABUSSO
00venerdì 13 gennaio 2006 18:25

LA REPUBBLICA
13 gennaio 2006
Caso Unipol-Bnl, Il premier svela di aver riferito un episodio appreso
da Tarak Ben Ammar: "Quattro Ds a pranzo con Bernheim delle Generali"
Berlusconi mostra le sue carte
"Mai parlato di pressioni dei Ds"
Poi però precisa: "Fatti penalmente irrilevanti"


ROMA - Assomiglia a un incontro di scherma, con repentini affondi e mezzi passi indietro, l'attacco lanciato da Berlusconi ai Ds. Il premier oggi è tornato ad accusare la Quercia di aver tenuto comportamenti scorretti nella vicenda Unipol-Bnl, fornendo ulteriori dettagli sulle notizie in suo possesso.

"Quattro dirigenti dei Ds sono stati a colazione con il presidente di Generali Bernheim" azionista Bnl, "e non erano certamente andati per chiedergli se stava bene di salute...", ha sostenuto Berlusconi nel corso di "Conferenza stampa" su Raiuno, salvo poi precisare di non aver mai "parlato di pressioni" da parte della Quercia: "Mi sembra esagerato - ha infatti detto commentando il finto titolo propostogli da Maria Latella che recitava: 'Pressioni di D'Alema su Generali' - La stampa - ha aggiunto - come al solito esagera".

Le informazione, ha poi spiegato il premier, l'aveva ricevuta da Tarak Ben Hammar, suo ex socio in Mediaset. "Ho raccontato ai magistrati da chi avevo avuto l'informazione e ho detto: sentite se è vero. Sentite il presidente Bernheim di Generali...", ha proseguito il presidente del Consiglio incalzando la magistratura ad agire. E proprio oggi è arrivata la notizia che la procura di Roma ascolterà effettivamente nei prossimi giorni sia l'imprenditore di origine tunisina sia il manager dell Generali. I due, entrambi all'estero, sono già stati contattati dalla Guardia di Finanza.

Ma per quanto sollecitata dal premier, si tratta di una verifica che lo stesso Berlusconi ha fatto capire essere superflua. I fatti di cui era a conoscenza, ha precisato ancora parlando in tv, "erano penalmente irrilevanti ma politicamente gravissimi" perché "si affermava di essere stati semplici tifosi mentre sono stati giocatori in campo". "Quindi, non l'ho fatta sporca andando a deporre di fronte ai magistrati sul caso Unipol. Ho soltanto fatto quello che mi ha chiesto in diretta tv Fausto Bertinotti ed il giorno dopo lo stesso Piero Fassino".

"Quando sentivo dire che i Ds avevano solo fatto il tifo e non sarebbero mai scesi in campo nella vicenda della scalata Unipol a Bnl - ha detto ancora - mi risultava il contrario. Mi risultava che erano stati chiesti incontri conviviali con il presidente delle Generali che deteneva un pacchetto dell'8% di azioni Bnl".

Spingere la magistratura ad occuparsi del presunto coinvolgimento dei Ds nella scalata a Bnl non significa però secondo Berlusconi essere diventato giustizialista. Al direttore del Riformista Antonio Polito, presente in studio tra i giornalisti che lo intervistavano, il premier ha infatti contestato il titolo del quotidiano oggi in edicola. "Sono un garantista assoluto - ha assicurato - con tutto quello che mi fanno le procure... non ho fatto accuse, c'erano voci, ho detto che non erano cose politicamente rilevanti. Più garantisti di così".

Berlusconi, infine, ha escluso in maniera netta di dover presentare delle scuse ai Ds, come chiesto dal segretario Fassino per le affermazioni fatte nei giorni scorsi. "Non ho dato nessun colpo basso, sono loro che continuano ad insultarmi", ha dichiarato il premier aggiungendo di essere lui a meritare delle scuse prima di un eventuale confronto tv con Massimo D'Alema. "Avrei preferito che prima mi chiedessero scusa - ha detto - dopo gli insulti ricevuti negli ultimi anni. Ho sempre lasciato correre...".


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CORRIERE DELLA SERA
13 gennaio 2006
Scambio di accuse dopo la deposizione. Il premier: mai parlato di pressioni
Unipol, scontro aperto Berlusconi-Ds
Fassino: «Non garantito il clima civile per il voto». D'Alema: «Un boomerang». Ma il Cavaliere insiste: «Non tifosi ma giocatori»

ROMA - Berlusconi che non molla la presa e accusa i Ds di essere «scesi in campo» nella scalata a Bnl, Fassino che reagisce con rabbia, annuncia che non farà più confronti tv con il premier e poi dice che «non è più garantito un clima civile per il voto», seguito a ruota da D'Alema che denuncia l'uso politico delle Procure da parte del capo del governo. Ma poi il premier spiega di non aver «mai parlato di pressioni». E allora che avrebbero fatto, secondo Berlusconi, i dirigenti Ds, nella vicenda Unipol e negli incontri che lui sostiene siano stati tenuti con azionisti di Bnl?

Partendo proprio dalla deposizione del Cavaliere davanti ai pm romani, la tensione con l'opposizione e con i Ds in particolare, cresce. Le indiscrezioni riferiscono di un presidente del Consiglio che nella mezz'ora di audizione davanti ai magistrati avrebbe parlato del ruolo di alcuni politici nel convincere le Assicurazioni Generali a cedere la loro partecipazione nel capitale sociale della Banca nazionale del lavoro, pari all'8,7%. Particolare questo che a Berlusconi sarebbe stato rivelato da Tarak Ben Ammar (la procura di Roma avrebbe già in programma di ascoltarlo). A stretto giro ecco la replica del gruppo del Leone: «Indiscrezioni che sono del tutto prive di fondamento». Precisazione che non arresta, né potrebbe, il fiume di polemiche.


«SONO IO VITTIMA DI PERSECUZIONI» - Berlusconi infatti non solo non lascia, ma raddoppia. Rifiuta di scusarsi con la sinistra, come gli ha chiesto Fassino. Anzi, «sono io la vittima di un sistema di persecuzione che non ha eguali». E torna all'attacco della Quercia: «Quando sentivo dire che i Ds avrebbero fatto il tifo e non scesi in campo nella vicenda della scalata Unipol a Bnl, mi risultava il contrario - dice nel corso della trasmissione Conferenza stampa -. Ovvero che erano stati chiesti incontri conviviali con il presidente delle Generali che deteneva un pacchetto dell'8% di azioni Bnl». Incontri conviviali - precisa - non pressioni. «Ho raccontato - prosegue Berlusconi - da chi avevo avuto l'informazione e ho detto ai pm di chiamare il signor Tarak Ben Ammar e il signor Bernheim e di farsi raccontare da loro con chi sono andati a cena». Berlusconi parla di «quattro dirigenti dei Ds» a colloquio con Bernheim «e non certo solo per chiedergli se stava bene» ma non riferisce i nomi. Spiega però che non si tratta di fatti penalmente rilevanti e di essersi recato dai magistrati su consiglio del suo avvocato, il parlamentare di Fi Ghedini.

NIENTE CONFRONTI - Quanto al rifiuto di Fassino di incontrarlo in tv, «io sono sempre disponibile ai confronti in tv. Speriamo che anche Prodi non si sottragga al confronto con me per paura...». Però non se ne parla del faccia a faccia di giovedì con D'Alema. «No, quel giorno c'è il Grande Fratello. Vuole che ci confrontiamo con una concorrenza tv così difficile? Scegliamo un'altra serata». La risposta di Prodi non si fa attandere. «Come diceva Totò: ma quale paura? Nel mio vocabolario non esiste questa parola a meno che non si tratti di un errore di stampa».
«IL CASO E' CHIUSO» - «Non ho nulla da aggiungere a quanto viene detto chiaramente nel comunicato delle Generali», si difende dal canto suo D'Alema che sottolinea che, a questo punto «il caso è chiuso». Ma si apre un «caso Berlusconi». Osserva il presidente della Quercia: «L'onorevole Berlusconi ha fatto una gaffe micidiale che sarà un boomerang. Ora capisco perché abbia annullato il faccia a faccia in tv con il sottoscritto». Poi l'ultima stoccata: «C'è una istituzione, la presidenza del Consiglio, che mai era caduta così in basso». Il duo Fassino-D'Alema si muove come un solo uomo. Nemmeno il segretario le manda a dire al premier paragonandolo al «millantatore» Igor Marini dello scandalo Telekom-Serbia: «Il castello di carte false che ha costruito Berlusconi è miseramente crollato in poche ore: replica di una sceneggiata provocatoria che avevamo già conosciuto nel 2004».

L'AVVOCATO DAI PM - Intanto in risposta alla mossa del Cavaliere, la Quercia schiera anche gli avvocati. Il senatore dei Ds Guido Calvi, legale di D'Alema, ha incontrato in mattinata il procuratore capo di Roma Ferrara che giovedì ha raccolto la deposizione di Berlusconi. Al termine il capogruppo dei Ds alla Commissione Giustizia del Senato ha rilasciato una lunga dichiarazione in cui definisce «inverecondo» il comportamento del premier e di «nessuna valenza processuale» le sue dichiarazioni.

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