"IL GIORNALE": IL SETTORE GIUSTIZIALISTA DELL'UNIONE E MARCO TRAVAGLIO

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
INES TABUSSO
00domenica 12 marzo 2006 21:18
IL GIORNALE
12 marzo 2006
Sotto elezioni i Ds si (ri)scoprono giustizialisti
Pietro Mancini

La richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei confronti di Silvio Berlusconi dalla Procura di Milano, nell'ambito dell'ennesima inchiesta su Mediaset, si inquadra nel solito «rito ambrosiano», che ormai dal 1994 caratterizza tutte le campagne elettorali e i momenti politicamente più tesi e delicati. Si torna, insomma all'uso politico della giustizia allo scopo di «alterare il corso delle cose» con gli «imprevisti giudiziari», come ha osservato Sergio Romano sul Corriere di Mieli.
E nei Ds si esulta, dopo che sono ormai stati archiviati alcuni timidi tentativi di Fassino di ridimensionare il potere e l'influenza del «partito dei giudici» che fa capo a Luciano Violante. Il capo del Botteghino, dopo aver «assolto» Consorte per la vicenda Unipol, ha già invece «condannato» l'ex ministro finiano Storace.
Nell'aria, insomma, c'è qualcosa di nuovo, anzi, di antico, con la candidatura dell'ex capo del pool Mani Pulite Gerardo D'Ambrosio, e lo spazio concesso alle sue aggressive posizioni contro l'attuale maggioranza sulle riforme della giustizia.
Ci troviamo di fronte a un precipitoso, e molto preoccupante, salto del gambero della leadership del Botteghino. E assistiamo al preoccupante riaffacciarsi sul proscenio della «sinistra togata» che manifesta l'intenzione di piegare gli avversari politici ricorrendo a qualche generoso e gradito aiutino dei procuratori, o ex, schierati con i post-comunisti. E D'Ambrosio simboleggia efficacemente la persistente commistione tra la politica della sinistra e l'orientamento delle procure, da sempre sostenuto dal settore giustizialista dell'Unione e da Marco Travaglio.
Che di recente, non a caso sull'Unità, ha elogiato il suo ex nemico D'Alema.
In politica, nulla avviene per caso. Se Travaglio è passato dai commenti al vetriolo sulla presunta merchant bank di Palazzo Chigi agli inchini al presidente della Quercia, lo ha fatto perché intende, evidentemente, approvare il ritorno sulla giustizia alla linea seguita nei primi anni '90 con l'utile supporto dei magistrati schierati. In tale contesto, non è superfluo forse ricordare che uno dei sostituti procuratori milanesi che hanno chiesto il rinvio a giudizio del premier e dell'avvocato londinese David Mills, fu bacchettato duramente nel 1993 da Tonino Di Pietro, il quale ne disapprovò i metodi di conduzione dell'inchiesta a carico di Gabriele Cagliari. «Non si può giocare con la vita degli imputati», protestò Di Pietro all'indomani del suicidio dell'ex presidente socialista dell'Eni nella sua cella del carcere di San Vittore. De Pasquale, infatti, aveva annunciato a Cagliari e al suo avvocato che avrebbe dato parere favorevole alla sua scarcerazione, dopo 5 mesi di detenzione preventiva. Salvo poi cambiare idea e andare al mare, nella natìa Taormina. L'avvocato Mills ha riferito che con lui De Pasquale avrebbe recitato la parte del «poliziotto cattivo», mentre il suo collega, Alfredo Robledo, quella del «poliziotto buono», aggiungendo: «Ho detto quelle cose soltanto per concludere quell'interrogatorio. Sentivo che, se avessi cercato di discutere, mi sarei ritrovato sotto chiave». Per tanti aspetti, insomma, questa vicenda ricorda un film già visto. Chi si dovrebbe allarmare sono tutti i garantisti veri, non quelli che si dimostrano tali soltanto quando devono difendere i propri amici e compagni, come è successo nella vicenda Unipol. Un caso quasi definitivamente insabbiato negli oscuri meandri di qualche porto delle nebbie.



*****************************************************************



L'UNITA'
22 LUGLIO 2003
TRE FOGLI PER CAGLIARI
Marco Travaglio

Ieri il Foglio ha imbrattato tre pagine di carta per rifilare ai suoi selezionati lettori la falsa storia dell'estate 1993 segnata dai suicidi di Gabriele Cagliari (in carcere) e di Raul Gardini (a casa sua). Titolo: "20-23 luglio 1993. Quattro giorni di sangue e di infamia". Tre pagine di stomachevoli speculazioni sui due cadaveri eccellenti, di nuove e vecchie menzogne costruite a tavolino, nonché di vistose omissioni e silenzi su tutti i particolari non funzionali alle tesi dell'house organ: quella secondo cui Gardini e Cagliari, ottime persone, li ha ammazzati la Procura di Milano. Giudicherà il lettore di chi sia l'"infamia".
1) "Quattro mesi e mezzo di galera per un uomo di sessantasette anni presunto innocente secondo la legge". Secondo la legge, la custodia cautelare è sempre per i presunti innocenti, e richiede "gravi indizi di colpevolezza". Cagliari era accusato (e in parte reo confesso) per complicità nei 600 e passa miliardi di fondi neri dell'Eni. I quattro mesi e mezzo derivavano da numerose misure cautelari, per numerosi episodi di corruzione. Di Pietro gli accordò la scarcerazione per l'Eni, ma intanto ne era scattata un'altra per la maxi tangente Eni-Sai. Se ne occupava il Pm Fabio De Pasquale (che non faceva parte del pool Mani Pulite) e che negò la liberazione di Cagliari perché scoprì che era riuscito a inquinare le prove addirittura dal carcere. Le prove a suo carico erano schiaccianti, come dimostrano i cinque no alla scarcerazione pronunciati da Tribunale della libertà, Corte d'Appello e Cassazione. E, soprattutto, i dodici miliardi che la vedova Bruna restituì allo Stato, andandoli a prelevare dal conto personale della famiglia in Svizzera. Ma di questo piccolo particolare, nelle tre pagine del Foglio, non si parla. Qualche lettore, altrimenti, potrebbe capire.
2) Il Foglio cita il commento di Gerardo D'Ambrosio al suicidio Moroni, nel tentativo di far passare l'ex procuratore per un feroce aguzzino: "Si vede che c'è ancora qualcuno che per la vergogna si uccide". Citazione quanto mai a sproposito, visto che Cagliari proprio alla vergogna attribuì il suo gesto, in una lettera alla moglie e in una all'avvocato D'Aiello: "La vergogna del mio stato attuale che consegue al repentino modificarsi della situazione generale del Paese è la ragione di fondo di questa decisione... l'unica soluzione che la dignità e l'orgoglio mi impongono" (10 luglio '93).
3) "Oggi, 23 luglio, giorno del suicidio di Gardini, i giornali avevano in prima pagina i resoconti delle deposizioni di Garofano contro Gardini... pubblicati dal settimanale Il Mondo dopo meno di una settimana". Scavando ancora un po', si potrebbe spiegare anche chi li passò al Mondo: il brigadiere dei carabinieri Felice Corticchia, vecchio amico di Emilio Fede che nel '96 gli procurerà un appuntamento con Silvio Berlusconi. Questo a sua volta userà Corticchia come fonte privilegiata per le sue calunnie contro Di Pietro e il Pool (le famose "notizie agghiaccianti"). Si scoprirà poi che Corticchia si era inventato tutto e aveva cercato aiuto in una amica giornalista, che nel '93 lavorava appunto al Mondo: Renata F. La ragazza racconterà tutto ai giudici: "Conosco Corticchia da anni, era lui che mi passava i verbali di Mani Pulite. Nel '95 lasciò l'Arma e si vantò di essere diventato ricco perché lavorava per il Gruppo Berlusconi. Fu allora che mi chiese di andare a Brescia ad accusare Di Pietro di molestie sessuali, promettendomi in cambio l'assunzione alla Fininvest" (appena iniziò a calunniare il Pool, Corticchia, che guadagnava due milioni al mese ed era sempre in rosso con le banche, acquistò una villa a Santo Domingo, affittò un appartamento in zona Brera, versò sui suoi conti 250 milioni in un anno. Poi fu arrestato per calunnia e patteggiò la pena. Per premio, venne assunto alla Fiera di Milano dal presidente Flavio Cattaneo, amico della famiglia Berlusconi, ora direttore generale della Rai.
4) Una ributtante vignetta di Vincino ritrae Cagliari con il sacchetto di plastica intorno al collo e, sotto, il pm Paolo Ielo che si tuffa allegramente da uno scoglio. La scritta dice: "Quale pm in quell'estate si voltò dall'altra parte? Ielo. Mica poteva interrompere i due mesi di vacanze sullo Stretto". L'anziano vignettista non sa quel che scrive: Ielo con Cagliari non c'entra nulla. Nel '93 non faceva neppure parte del Pool, al quale fu aggregato solo un anno dopo. Vergogniamoci anche per Vincino.



*****************************************************************



L'UNITA'
29 MAGGIO 2004
SENSI DI POLPA
Marco Travaglio

Uno legge, su "Sette", una rubrica di Barbara Palombelli con un titolo che inizia così "1l mio senso di colpa...". E immagina: forse la signora si sente in colpa per aver accettato di fare la spalla di Giuliano Ferrara ed essersi trasformata progressivamente nel "pungiball" tascabile del Platinette Barbuto. O magari si sente in colpa per aver frequentato, in passato, casa Previti, dove Antonio Baldassarre rivelò di averla conosciuta. Niente paura, nulla di tutto questo: il titolo completo è "Il mio senso di colpa su Mani Pulite". E allora uno immagina: magari si sente in colpa per non aver difeso con la dovuta energia, negli ultimi anni, i magistrati migliori del Paese, apprezzati e onorati in tutto il mondo e massacrati in patria con linciaggi forsennati, accuse calunniose, processi-farsa a reti unificate. Niente paura, nulla di tutto questo. Anzi, tutto il contrario. L'articolo, infatti, svela la vera colpa che la Palombelli non riesce a perdonarsi. Si parte dal cosiddetto "documentario" confezionato su Mani Pulite dal barbuto conduttore del Tg5 Andrea Pamparana, già beatificatore di Di Pietro e del pool finché contavano qualcosa, poi demolitore di Di Pietro e del pool in concomitanza con la rivincita dei ladri.

Scrive la signora: «Rivedendo quelle immagini-datate 1992-'94-il numero enorme di persone che non ci sono più, da Raul Gardini a Sergio Moroni, da Gabriele Cagliari a Bettino Craxi - che apre e chiude il film -- non si può non provare un senso di colpa. L'Italia di oggi non può fare lezioni all'Italia della Prima Repubblica. Valeva la pena massacrare decine di persone? Ho sempre pensato di no, sono felice di vedere che adesso questa sensazione è diffusa e maggioritaria. Ma chi restituirà alle famiglie quei padri che non hanno retto all'onta del processo celebrato nella piazza mediatica?». Ecco, "decine di persone massacrate' dalla "piazza mediatica": questo, nella testolina di Barbara Palombelli, è rimasto di Tangentopoli, cioè di un sistema di corruzione che - secondo calcoli del Centro Einaudi di Torino, opera del professor Mario Deaglio - si portava via 10-15mila miliardi all'anno, sfilandoli direttamente dalle tasche dei cittadini sotto forma di estorsioni legalizzate, tasse spropositate, opere pubbliche fatiscenti o inutili, devastazioni ambientali, ruberie persino sulla pelle del Terzo Mondo nella celeberrima "cooperazione" all'italiana. Rimane dunque pochino, e quel pochino è pure sbagliato. Perché non ci fu alcun massacro (a parte le esagerazioni, tipo quella di Francesco Rutelli che augurò a Craxi di "consumare presto il rancio nelle patrie galere"). Craxi, sfuggito a due condanne definitive per aver accumulato almeno 50 miliardi su conti personali e cifrati in Svizzera, morì da latitante di morte naturale. Gardini e Moroni si tolsero la vita a casa loro dopo un semplice avviso di garanzia, e il prosieguo delle inchieste dimostrò che erano responsabili di gravi reati (come lo stesso Moroni onestamente ammise nella sua ultima lettera). Cagliari fu l'unico indagato milanese che si tolse la vita in carcere, dove peraltro era giustamente recluso (la moglie restituì 9 miliardi sull'unghia, svuotando i conti di famiglia in Svizzera), ma non per l'inchiesta Mani Pulite: Di Pietro l'aveva già fatto scarcerare, ed era detenuto per un'altra inchiesta seguita da un pm estraneo al pool, poi approdata a condanne definitive. A chi altri alluda la signora quando parla di "numero enorme di persone che non ci sono più" e di "massacro di decine di persone", non è dato sapere: i suicidi negli anni di Mani Pulite sono inferiori a quelli degli studenti bocciati agli esami di maturità. A meno che non si vogliano contare anche gli imprenditori costretti a fallire per non piegarsi al racket della tangente, alcuni dei quali finiti in miseria, altri morti suicidi: sono le vere vittime di Tangentopoli, e infatti nessuno le ha mai commemorate. Mani Pulite, per qualche anno, le riscattò. Ma la signora Palombelli, in tutto questo, non ha nulla da rimproverarsi: lei, con Mani Pulite, non c'entra.

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:34.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com